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Taser e altri storditori elettrici, “in Italia al solito siamo allo sbando legislativo…” il parere del dr Edoardo Mori

La pistola Taser già in uso ad alcune Forze di Polizia estere

La pistola Taser già in uso ad alcune Forze di Polizia estere

La CONSAP – Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia ha chiesto al dr Edoardo Mori, tra i massimi esperti sulla legislazione delle armi, un parere sull’utilizzo della pistola Taser anche per i poliziotti italiani.

Dr Mori . Chiariamoci le idee in materia di strumenti che provano spasmo muscolare mediante una scarica elettrica o, come li ha chiamati il nostro legislatore, “storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione“.

Il decreto legislativo 204/2010 li ha classificati fra le armi proprie. La Cassazione, che una ne pensa e dieci ne sbaglia, ha insistito nello scrivere  che si tratta di armi comuni da sparo! Con tutta evidenza non ha mai capito che la legge 110 1975 mette fra le armi da sparo solo quelle da fuoco e, in via eccezionale, per assimilazione, quelle ad aria compressa. Inoltre per  la direttiva europea vecchia e nuova  si intende per «arma da fuoco» qualsiasi arma portatile a canna che espelle, è progettata per espellere o può essere trasformata al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l’azione di un combustibile propellente. In questi strumenti a scarica elettrica mancano una canna  e una cartuccia e quindi non potranno mai rientrare fra le armi da sparo.

Quindi, arma sì, arma da sparo mai.

Vi sono due tipologie di strumenti:

Quelli Taser, a forma di pistola in cui due aghi collegati ciascuno con un sottile filo elettrico, lungo fino a 15 metri nella versione per polizia (circa 5 metri per i privati), vengono sparati mediante una carica di aria compressa contro il bersaglio che deve essere colpito da entrambi, un po’ distanziati  i fili trasmettono una scarica elettrica che attraversa il corpo umano tanto più ampiamente quanto più gli aghi sono distanti. La carica è ad elevata tensione e amperaggio sufficiente a provocare forti crampi muscolari e la caduta a terra della persona colpita.

Quelli detti electroshocker, a forma di parallelepipedo impugnabile, che recano la parte anteriore stretta due elettrodi distanziati di qualche centimetro l’uno dall’altro (si calcola un cm ogni 100.000 volt); se si attiva lo strumento si vede la scarica che passa da un elettrodo all’altro; se lo strumento è appoggiato al corpo umano la scarica passa da un elettrodo all’altro, ma dentro il corpo e provoca così una contrazione dolorosa del muscolo colpito.

Mentre per i Taser ormai vi è la certezza che si tratta di armi bianche vere e proprie in quanto provocano una temporanea incapacità totale della persona colpita e talvolta anche la sua morte per tachicardia e fibrillazione cardiaca. Molto dipende dai punti tra cui si verifica la scarica e dalla condizione fisica della persona colpita. Non avrebbe alcun senso usare un Taser a bassa potenza perché esso non sarebbe in grado di fermare un aggressore a distanza il quale, se non gettato a terra, continuerebbe ad avvinarsi o a fuggire.

Gli electroshocker sono costruiti con diverse potenze fino  1.2 millioni di Volt  e 14 Ampère e non vi è dubbio che al di sopra di una certa potenza rientrano anch’essi fra le armi proprie e son pericolosi quanto e più di un Taser. Molti Stati hanno quindi adottato norme per regolare il loro uso da parte dei civili.

Se prendiamo l’esempio della Germania si vede che fin dal 1977 essi sono considerati armi, salvo i tipi approvati BTB (Physikalisch-Technische Bundesanstalt), sigla a noi noto perché è quella che certifica le armi ad aria compressa liberalizzate.

Questo ente li approva se non sono idonei a provocare danni permanenti alla salute e non possono impartire una scarica che duri oltre i 10 secondi. Lo strumento può essere venduto solo maggiorenni e portato solo con una licenza speciale specifica e può essere impiegato soltanto per legittima difesa.

Di fatto in Germania sono approvati con una potenza massima di 500.000 Volt, ma se ne trovano da 200.000 e da 100.000, ben poco efficaci.

Gli effetti di quello più potente sono i seguenti: la scarica riesce a penetrare anche attraverso indumenti di un certo spessore e di cuoio, ma ovviamente l’effetto si riduce; il massimo effetto si ha con il contatto diretto sulla pelle. L’effetto inoltre è collegato alla durata del contatto. Con un contatto fino a due secondi si ha un crampo muscolare che, ad esempio, può far lasciare la presa su di un braccio o al collo o da far mollare un coltello. Con un contatto fino a quattro secondi la persona colpita in un posto sensibile soffre un forte shock, è stordita e può persino cadere. Con un contatto fino a 10 secondi il soggetto subisce un forte shock, è disorientato, non riesce a muovere la parte colpita e si può agevolmente scappare.

Si tenga presente che l’effetto sorpresa influisce molto sullo sconcerto della aggressore e che è necessario cercare di colpire parti sensibili come le parti molli, la bocca, gli occhi, il naso, il collo; una scarica sulla spalla e sull’anca possono immobilizzare l’arto colpito.

Il vero problema è quindi quello della durata del contatto; siccome questi strumenti sono abbastanza voluminosi è difficile nasconderli all’avversario e se questi è preparato, al primo contatto si scosta e perciò il tempo di scarica si deduce al massimo ad un secondo. In Internet vi sono filmati di persone che si scaricano 500.000 V sul braccio con il solo effetto di un suo modesto crampo! Per difesa privata è uno strumento sciocco, di uso scomodo, non portabile in tasca, non usabile di sorpresa, che può essere facilmente evitato dall’aggressore; molto meglio la bombolette al peperoncino che costano un decimo.

In Italia al solito siamo allo sbando legislativo. È vero che il legislatore questi arnesi li ha inseriti tutti, senza distinzione, fra le armi proprie, ma avrebbe avuto l’obbligo di stabilire oltre quale voltaggio ci si possono attendere danni alla salute, e quando si è di fronte ad un giocattolo e non ad un’arma, così come ha fatto quando ha liberalizzato gli spray al peperoncino.

Qualcuno, Ministero dell’Interno compreso, pensa che la valutazione sulla idoneità ad offendere sia stata attribuita al Banco di prova, e lo crede lo stesso Banco di prova che si è messo a dar valutazione in materia manganelli! Nulla di più sbagliato: il decreto legislativo 29 settembre 2013 numero 121 ha attribuito al Banco la competenza in materia di armi e strumenti ad aria compressa e non certo su altri strumenti atti ad offendere come coltelli, forbici e punteruoli! Del resto la valutazione sulla lesività è materia di competenza della medicina legale e non di meccanici.

La circolare del 28 luglio 2014 per spiegare il decreto legislativo ha preso quindi una grossa cantonata.

Qualche ditta  ha richiesto pareri a periti ed uno di Torino avrebbe risposto che ”l’esperienza di utilizzo pluriennale e gli studi sperimentali svolti negli Stati Uniti, condotti su stimolatori analoghi a quelli in esame, ma con repetition rate di circa 29 Hz hanno dimostrato una ridotta o nulla pericolosità di questi dispositivi in caso di utilizzo su persone e/o animali.”

L’affermazione è corretta, ma di fronte alla statuizione normativa per cui questi strumenti sono tutti armi proprie, manca una norma che consenta a chicchessia,  Banco compreso, di fare una valutazione di idoneità o meno ad offendere, come richiesto dalla legge.

In conclusione la situazione è questa: è inutile arrampicarsi sugli specchi, il legislatore considera tutti gli strumenti da elettrocuzione come armi proprie, solo una norma specifica contenuta in una legge può derogare a questo principio; non c’è bisogno di impiantare commissioni di esperti perché basta attenersi a quanto hanno già accertato altri Stati.

Veniamo ora al problema della adozione di questi strumenti non letali da parte delle forze di polizia.

Quella di essere dotati di mezzi non letali per affrontare violenti, da soli o in gruppo, è un’esigenza molto sentita dalle forze di polizia. Ed è veramente il frutto di una politica schizofrenica il mettere un agente dell’alternativa di sparare, uccidere, perdere il posto, magari essere condannato a pagare i danni, oppure prendersi sassate, bastonate e bombe molotov. È una cosa schizofrenica l’aver affermato il principio che per bloccare un ubriaco violento bisogna essere esperti di arti marziali, rischiare di prendere calci, essere almeno tre, quando vi sono tanti mezzi efficaci ed innocui. Io, nel mio piccolo, mi sono convinto che per la carriera dei politici è meglio che muoia un poliziotto piuttosto che un dimostrante mascherato e armato di ordigni esplodenti da guerra.

Nel valutare l’armamento della polizia non si deve stabilire se l’arma non letale sia più o meno dolorosa o pericolosa, ma solo se sia preferibile ad un’arma sicuramente letale ed impiegabile solo in casi estremi. Ovvio quindi, se si potessero curare i disturbi mentali e politici, che i pallettoni di gomma, le bombolette al peperoncino, gli storditori elettrici ed altre cose simili sono preferibili senza dubbi ed esitazioni.

Un bell’esempio invece, della volontà di non affrontare il problema era contenuto nel decreto-legge 22 agosto 2014 numero 119 in cui si stabiliva che :

Art. 8 comma 1-bis. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Amministrazione della pubblica sicurezza avvia, con le necessarie cautele per la salute e l’incolumità pubblica (oh bella! volevano fare esperimenti sul pubblico o non gas velenosi?) e secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute, la sperimentazione della pistola elettrica Taser per le esigenze dei propri compiti istituzionali, nei limiti dì spesa previsti dal comma 1, lettera a).

Altro che 30 giorni, sono passati tre anni e non se n’è fatto nulla! E, siccome il Taser non lo hanno inventato gli italiani, e siamo gli ultimi ad avere problemi sulla sua adozione, proprio non si capisce che cosa ci fosse da sperimentare. La scienza internazionale ha già sperimentato ampiamente; fin dal 2009 si può leggere il volume di Kroll e altri TASER® Conducted Electrical Weapons: Physiology, Pathology, and Law. L’importante studio Sigitas Laim ed altri, The effect of conducted electrical weapons on the human body, in Acta medica Lituanica, 2, 2014 ha concluso che “Lo stress presente nel corpo, una malattia sistemica e la presenza di sostanze chimiche nel corpo modificano la risposta del corpo ad impulsi elettrici che aumentano direttamente il rischio di aritmia cardiaca causa lo sviluppo di fibrillazione ventricolare e la probabilità di morte cardiaca improvvisa. Si raccomanda ai funzionari che usano armi elettriche che nel luogo dell’evento ci sia personale medico qualificato (ambulanza) in grado di fornire il primo soccorso in caso di complicazioni dopo l’uso dell’arma

Di recente sull’importante American Journal of Forensic Medicine & Pathology, giugno 2015 è comparso uno studio sperimentale su esseri umani  dal titolo Electromuscular Incapacitating Devices Discharge and Risk of Severe Bradycardia in cui si valuta il rischio cardiaco della  scarica da Taser, rischio esistente, ma non letale se non in casi molto particolari. Sicuramente molto minore del rischio di un colpo di pistola!  Che cavolo possiamo mai sperimentare di diverso in Italia? La situazione di fatto è nota ed  il rischio da assumere pure; si tratta solo di decidere come hanno già fatto tanti Stati, senza attendere di trovare il modo su come mangiare sui Taser, così come è avvenuto per i braccialetti elettronici (in Germania il controllo sui detenuti rilasciati  è affidato a ditte private al costo di 20 euro per persona, fornitura del braccialetto compresa; quanto ci costa in Italia?).

Ovvio poi che ci vuole da parte dei politici quel minimo di capacità e di coraggio per stabilire con chiarezza quali sono i doveri e poteri dei poliziotti, i quali non devono dover tremare per inconsulte iniziative di PM sciocchi e. ancor più importante, quali sono i doveri dei cittadini di fronte alla polizia! Ho visto in stati confinanti, noti per la loro civiltà, che i poliziotti pretendono dai cittadino la massima educazione e il massimo rispetto e, se la trovano, sono altrettanto rispettosi. Ma sono severissimi e decisi contro i prepotenti, i violenti, i disturbatori della pace sociale e tutti coloro che pensano di avere solo diritti e non avere ma doveri.

 

Edoardo Mori

Edoardo Mori: Ex Giudice di Cassazione, si occupa da sempre di armi. Esperto cacciatore, conoscitore di armi antiche e ancor più esperto della normativa in vigore è un importante punto informativo sempre aggiornato sulle novità legislative del nostro Paese. Articolista per le maggiori pubblicazioni di settore come Diana Armi, Armi e Tiro, Tac Armi.
Autore del sito web Enciclopedia delle Armi con 4 milioni di visitatori.

 

 

Porto d’armi, certificato di idoneità per gli Agenti di P.S.? Il parere del dr. Edoardo Mori

porto armi psIl certificato medico per ottenere licenze di porto d’armi è stato introdotto con l’art. 1 della L. 6 marzo 1987, n. 89 il quale recita:

  1. Alla documentazione richiesta per ottenere la licenza di porto d’armi deve essere allegato apposito certificato medico di idoneità.
  2. Il Ministro della sanità fissa, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, sentite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i criteri tecnici generali per l’accertamento dei requisiti psicofisici minimi per ottenere il certificato medico di idoneità per il porto delle armi.

Si noti come la norma sia scritta con i piedi visto che curiosamente prevede che il certificato sia “allegato” alla domanda; si potrebbe ritenere che se uno, un mese dopo aver conseguito la licenza di caccia, diviene cieco, può continuare a cacciare per 6 anni! E si potrebbe pensare che se uno il certificato lo presenta separatamente,  la licenza non può essere concessa!

Il Ministero della Sanità provvedeva ad emanare il D.M. Sanità 28 aprile 1998, ancora in vigore.

Il D.to L.vo 204/2010 riconfermava l’obbligo della certificazione circa l’idoneità psichica per l’acquisto e detenzione di armi (art.3 lett. d) e introduceva l’obbligo di far ricertificare l’idoneità ogni sei anni.

Il D.to L.vo stabiliva l’obbligo generale per tutti i detentori di armi di presentare ogni sei anni un certificato di idoneità psichica: sono esentati solo coloro che lo hanno conseguito, in tale intervallo di tempo, per il rilascio di una licenza di porto d’armi.

Con Circolare 30 aprile 2013 Ministero dell’Interno si affrontava il problema se  gli appartenenti alle Forse di Polizia, autorizzati a portare armi a termini dei rispettivi regolamenti, fossero tenuti a munirsi del certificato di cui sopra per le licenze di porto d’armi “private”. La circolare scriveva:

In relazione, poi, al dubbio sulla possibilità di acquisire l’attestato di servizio in luogo del certificato medico di idoneità psicofìsica, si rappresenta che il D.M. Sanità 28 aprile 1998, concernente i requisiti psico-fisici minimi richiesti per il rilascio /rinnovo delle licenze di porto d’armi (nel caso di specie, ex art. 42 T.U.L.P.S.), non esenta alcuna categoria di soggetti dall’obbligo di presentazione della prevista certificazione sanitaria di idoneità psico-fisica, ai fini del rilascio/rinnovo di tali autorizzazioni.

Pertanto, posto che non è prevista, al riguardo, alcuna deroga a favore degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, anche se in servizio, occorre, peraltro, ricordare che, per il rilascio di certificazioni sanitarie per il conseguimento della licenza di porto d’armi (per difesa personale, per uso caccia o per il tiro a volo), all’art. 5 della Convenzione tra il Fondo assistenza per il Personale della Polizia di Stato e la Direzione Centrale di Sanità, firmata il 25 giugno 2012 e valida fino al 25 giugno 2017, sono indicate le prestazioni e le attività di assistenza sanitaria svolte dalla predetta Direzione Centrale, nonché, all’art. 4, i beneficiari, divisi per categorie, per i quali sono applicate distinte tariffe.

Infine la  circolare del Ministero dell’Interno del  29/04/2015   scriveva:

Al riguardo, nel richiamare i contenuti della circolare. datata 8 maggio 2013. ad oggetto “Licenze di porto d’armi per difesa personale agli appartenenti alle Forze di Polizia”, si ritiene, in conformità al disposto di cui all’art. 35 TULPS, che i medesimi debbano produrre, nel termine prestabilito, la certificazione medica di cui al D.Lgs in parola.

Tuttavia, si rappresenta che è stata predisposta da questo Dipartimento, d’intesa con le altre Forze di Polizia, una proposta di modifica al D.M. (Sanità) del 28 aprile 1998. concernente i “Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile uso di caccia ed al porto d’armi per uso difesa personale”. secondo la quale il possesso dei requisiti psicofisici di cui agli arti. 1 e 2 del predetto decreto da parte degli appartenenti alle FF.PP. sia da ritenersi presunto ed assorbito dall’apposita attestazione di servizio rilasciata dall’Amministrazione di appartenenza che certifica tale condizione di idoneità. Tale proposta è stata già condivisa dal competente Ufficio Legislativo del Ministero della Salute e sono in corso, a cura di quel Dicastero, le procedure previste per l’adozione della richiamata modifica

Appare evidente che il Ministero dell’Interno è caduto in un grosso equivoco giuridico, dimostrazione di quanto poco siano capaci di ragionare in diritto, perchè sono sempre partiti dal presupposto che possa essere il DM interministeriale che stabilisce i parametri medici di idoneità, a stabilire anche chi deve o non deve presentare  il certificato di idoneità psichica o psicofisica, a seconda dei casi.

Nulla di più errato; il DM non può certo creare obblighi a carico dei cittadini i quali non siano dovuti in base ad una norma di legge e non certo in base ad un provvedimenti amministrativo. È ovvio che il DM del 1998 non ne parli! Il fatto è che all’epoca vi erano funzionari più preparati! Quindi dal fatto che non ne parli non può essere tratta alcuna conclusione.

Se ci si limita quindi a doverosamente interpretare solo la legge e non le circolari si deve concludere:

  1. a) La legge, art. 15 L. 183/2011 dice in via generale che non si possono richiedere certificazioni su fatti già noti alla gli atti della PA.
  2. b) Perche mai la pubblica amministrazione deve chiedere ad un suo dipendente che porta la pistola di portare un certificato per dimostrare se è idoneo al porto della pistola?  O forse nella PS danno la pistola ai depressi, ciechi e mutilati senza alcun controllo?
  3. c) È cosa ovvia che si deve presumere che la PA, quando autorizza un suo dipendente a detenere e portare armi, lo faccia nel rispetto della normativa e dei principi generali in essa contenuta e che sia essa stessa ad accertare che il soggetto sia idoneo; cosa che di fatto avviene. Ed allora perché gli accertamenti già svolti dalla PA devono venir qualificati come insufficienti?
  4. d) Unico problema sorge per coloro che sono autorizzati a detenere e a portare armi senza  licenza in ragione della loro qualifica permanente (ad. es. magistrati) e, così ragiona la circolare, di conseguenza neppure gli si può richiedere il certificato di idoneità. Ma questa conclusione dimostra proprio la correttezza di quanto detto al punto c). Forse che se un magistrato dà fuori di testa, i suoi superiori possono nascondere la cosa, senza preoccuparsi se il poveretto detenga armi e se sia divenuto pericoloso? È certo che se si comportassero così diventerebbero corresponsabili, a titolo di colpa, per ogni evento dannoso commesso con le armi e che essi hanno il dovere di informare il prefetto affinché adotti un provvedimento di ritiro delle armi e del tesserino che autorizza al loro acquisto. Lo stessa fatto che le Corti di Appello rilascino questo tesserino, non previsto da nessuna norma, dimostra che qualcuno si è reso conto del problema.

In conclusione il DM sulla certificazione non deve e non può occuparsi di chi deve o non deve produrre il certificato.

Per gli agenti di PS che prestano servizio armato, la loro idoneità deve essere costantemente controllata dalla PA da cui dipendono, tenendo conto  dei parametri sanitari minimi indicati nell’emanando decreto ministeriale.

I superiori sono personalmente responsabili per non aver preso in considerazione situazioni di inidoneità sopravvenuta.

È del tutto opportuna una circolare che chiarisca questi doveri.

Solo così viene rispettato il principio generale secondo cui non si devono richiede ai cittadino accertamenti e certificati inutili, con inutili costi e perdita di tempo e il principio di massima economicità dell’attività  amministrativa.

 

dr. Edoardo Mori

dr. Edoardo Mori

Edoardo Mori: Ex Giudice di Cassazione, si occupa da sempre di armi. Esperto cacciatore, conoscitore di armi antiche e ancor più esperto della normativa in vigore è un importante punto informativo sempre aggiornato sulle novità legislative del nostro Paese. Articolista per le maggiori pubblicazioni di settore come Diana Armi, Armi e Tiro, Tac Armi.
Autore del sito web Enciclopedia delle Armi con 4 milioni di visitatori.
Ha  pubblicato il “IL CODICE DELLE ARMI E DEGLI ESPLOSIVI” edizione 2016

Codice delle Armi 2016 del dr. Edoardo Mori