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LA NUOVA LEGITTIMA DIFESA: Un tentativo mal riuscito ! Il parere del dr Edoardo MORI

Nella foto il dr Edoardo MORI

Nella foto il dr Edoardo MORI

La CONSAP – Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia ha chiesto al dr Edoardo Mori, tra i massimi esperti sulla legislazione delle armi, un parere sulla nuova legittima difesa, alla luce delle recenti novità normative.

Per legittima difesa si intende la regola che consente all’uomo di ferire o uccidere un altro uomo che lo aggredisce ingiustamente.

È un comportamento animale istintivo, frutto di centinaia di migliaia di anni di evoluzione, quello di difendere ad ogni costo la propria vita, il proprio gruppo, i propri beni. È regola naturale mai posta in discussione, salvo che da qualche squilibrato, di quelli, per intenderci, che non schiacciano i pidocchi per non far loro male.

Le legislazioni antichissime prevedevano la pena di morte immediata per la violazione di domicilio e la rapina.

Ad esempio nelle leggi di Manu, anteriori di qualche secolo al cristianesimo, si legge:

  1. Per la propria sicurezza, in una guerra a difesa dei diritti sacri o per proteggere una donna o un Brahmano, colui che uccide giustamente non è colpevole.
  2. Un uomo deve uccidere, senza esitazione, chiunque gli salti addosso per ucciderlo, quand’anche questi sia il suo rettore, un fanciullo, un vecchio o un Brahmano versato nella Scrittura.
  3. L’uccidere un uomo che tenta d’assassinare, in pubblico o in privato, non dà colpa di omicidio: il furore è alle prese col fuoco.

La Bibbia dice ( Esodo 22:2-3): Se il ladro, colto nell’atto di fare uno scasso, viene percosso e muore, non vi è delitto di omicidio.

Il Vangelo (Luca 22:25-39) racconta Poi Cristo disse loro: «Quando vi mandai senza borsa, senza sacca da viaggio e senza calzari, vi è forse mancato qualcosa?» Essi risposero: «Niente». Ed egli disse loro: «Ma ora, chi ha una borsa, la prenda; così pure una sacca; e chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Matteo (26,52) aggiunge, chi di spada ferisce di morte perisce. Quindi il Vangelo è tutto men che pacifista: come si vede, gli apostoli erano armati e valeva il principio che chi aggrediva con armi poteva essere ucciso.

Non vi era alcun bisogno di norme sulla legittima difesa, ma si cercava solo di evitare che la legittima difesa venisse utilizzata come comoda scusa.

Ciò risulta chiaro dalla legge romana delle XII Tavole

  1. Se alcuno ha commesso un furto di notte e se il ladro è stato ucciso, l’uccisione sia legittima.
  2. Di giorno [è legittima l’uccisione] se il ladro si difende con un’arma e [il derubato] ha lanciato grida di aiuto. 

Ma saltiamo quasi 2500 anni e veniamo ai tempi nostri. In Germania il legislatore tedesco del 1871 aveva scritto all’art. 53 del Codice Penale: Legittima difesa è quella difesa che è necessaria per respingere una aggressione attuale e illegittima verso sé o verso altri. L’eccesso non è punibile se si è agito per concitazione o paura. Egli aveva capito ed espresso perfettamente i concetti che quando si è aggrediti si ha il diritto di fare tutto ciò che è necessario per respingere l’aggressione e che bisogna tener conto della situazione psicologica della vittima, della realtà e non di masturbazioni mentali sulle parole della legge! In situazioni di pericolo, scattano le reazioni istintive di difesa e non si ha tempo di pensare a ciò che dice la Cassazione! I propri diritti sono infinitamente più importati di quelli di colui che delinque.

In Austria si scrive (art. 3 CP) che non è punibile chi esercita la difesa necessaria per respingere un’aggressione illecita diretta e immediata e diretta contro la sua o altrui vita, salute, incolumità, libertà o patrimonio, salvo il caso che il danno temibile sia modesto e inadeguato al danno che si può recare all’aggressore. Aggiunge poi che se chi si difende come sopra ed usa una difesa inadeguata non è punibile se ciò avviene solo a causa dell’agitazione paura o spavento, dovuto all’aggressione, salvo che esageri per colpa.

In Italia l’art. 52 del nostro codice penale del 1931 scriveva che Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Era una formulazione che richiamava giustamente il presupposto della necessità di difendersi per tutelare un qualsiasi diritto, personale o patrimoniale, ma che poi introduceva il surreale requisito della proporzione fra offesa e difesa. Una di quelle idee che possono venir solo al giurista che conosce le carte più della vita perché altrimenti conoscerebbe il vecchio detto che le botte non si danno a patti. Quando si viene aggrediti non si sa mai come va a finire, una spinta o un pugno possono uccidere, chi appare innocuo può essere un esperto di arti marziali o può tirare fuori un coltello, chi sembra voler rubare solo un pollo può darsi che ci prenda a calci per farsi dare le chiavi del pollaio, chi sembra solo può avere un complice, e così via. Anche i giudici han finito per capire che la norma era inadeguata e hanno aggiunto la precisazione che la proporzionalità deve essere valutata in relazione ai mezzi di difesa di cui si dispone. Se ho solo un’arma da fuoco e non posso limitarmi a sparare in aria, sono legittimato a sparare vero l’aggressore “e dove colgo, colgo“.

Lo spirito della legge era così favorevole alla difesa che il famoso professor Antolisei poteva correttamente sostenere che nel momento in cui il cittadino si difende egli si assume una funzione pubblica e deve essere equiparato ad un pubblico ufficiale (quindi responsabilità solo in caso di colpa grave e nessun risarcimento). Sarebbe poi bastato rilevare che è l’accusatore che deve provare l’inesistenza dell’invocata legittima difesa, e molti processi non sarebbero neppure nati.

La norma sarebbe stata comunque accettabile se applicata con buon senso e conoscenza della realtà; il diritto è solo uno strumento per realizzare risultati considerati giusti dalla volontà popolare e il giudice deve saperlo usare bene; purtroppo si nota spesso che il giudice è come un operaio che si trova in mano un martello e non sa che cosa sia un martello e che cosa sia un chiodo e quindi lo usa secondo l’idea personale che se fa. È accaduto quindi che i giudici italiani si sono messi a cavillare sul principio morale (e non giuridico) se sia o meno giusto uccidere per proteggere un bene diverso dalla vita, se sia giusto uccidere un rapinatore che vuole solo i soldi (per molti popoli di un recente passato la rapina e l’ingresso violento in casa altrui erano puniti con la pena di morte!), hanno ignorato che l’art. 52 prevedeva la difesa di ogni diritto e non solo di quello alla propria vita, hanno iniziato ad utilizzare il bilancino per pesare situazioni normalmente fuori controllo, finendo così per creare una situazione assurda. L’impressione del popolo era che ormai rischiasse più chi si difendeva che chi aggrediva, che il giudice “cerchiobottista” per natura, un po’ di eccesso colposo lo trovava sempre, che il doversi difendere in un processo era quasi inevitabile e che ci si rimetteva molti più soldi di quanti ne sarebbe riuscito a prendere il rapinatore!

Era un risultato chiaramente inaccettabile. Da ciò varie proposte di modifica sempre avversate dai “filosofi” (chi ritiene sacra la vita di un lupo, non può tenere in minor conto la vita di un rapinatore) e, stranamente, anche dalla magistratura la quale spesso dimentica che è pagata per applicare le leggi e non per giudicarle e che un giurista non ha la preparazione per essere un politico o un sociologo o un criminologo.

L’ultima proposta è riuscita ad andare in porto ed è diventata legge il 29 aprile 2019.

Vediamo che cosa cambia nell’art. 52.

A – Ferma la regola della proporzionalità fra offesa e difesa, viene stabilito che non si tiene conto della proporzionalità, nel caso in cui vi è violazione di domicilio o ingresso in ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale, e che è consentito difendere anche i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La frase in corsivo, già introdotta dalla legge 59/2006, chiarisce quando si possono difendere beni ed è regola errata perché non si capisce come vi possa essere desistenza e contemporaneamente pericolo di aggressione: io capisco che secondo il legislatore, se mi stanno rubando l’auto dal garage della villa e me ne sto ben chiuso in casa, non vi è pericolo di aggressione e quindi devo lasciar rubare la macchina. Conclusione ripugnante.

Purtroppo è stata conservata una frase del comma secondo con cui si richiede che venga usata un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: cosa assolutamente stupida perché sembra dire che se uso la sciabola del nonno non denunziata, rispondo di omicidio volontario, così pure se usassi un mazzo di fiori, mezzo non idoneo ad offendere! Tipica stupidità degli orecchianti del diritto.

B – Viene aggiunto un nuovo comma quarto in cui si dice che si è sempre in stato di legittima difesa se si respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone. Concetto giusto, ma espresso in modo stupido: se mi trovo uno in camera da letto, al buio, come faccio a sapere se l’intruso è solo o in compagnia, se è armato o disarmato, se ha mezzi di coazione fisica (gli scarponi chiodati saranno un mezzo sufficiente? devo controllare il tipo di chiodi?).

E che vuol dire con minaccia dell’uso delle armi? basta dire “attento che ti sparo”, “attento che sono armato”, o bisogna avere un’arma in mano, anche se finta? Ci vorranno decine di sentenze e di anni per capirlo. Il che conferma la mia opinione che gli apprendisti del diritto sono pericolosi quanto gli apprendisti stregoni! I politici devono dire che cosa vogliono, ma poi il modo migliore per tradurre in una norma la loro volontà, lo deve stabilire un professore universitario o un magistrato esperto, non un tirapiedi di partito o il politico stesso!

Secondo chi ha scritto la norma, dovrei accendere la luce, informarmi bene su che cosa l’intruso vuole e se mi dice che vuole solo prendere un po’ di gioielli, gli auguro buon lavoro e mi giro dall’altra parte! Ma dove li trovano questi scribacchini del diritto?

C – All’art. 55 c.p. sull’eccesso colposo è stato aggiunto un comma che un pastrocchio incomprensibile. Si scrive che nei casi di difesa da intrusione in abitazione o luoghi di lavoro di cui ai commi 2, 3, 4 dell’art. 52 non è punito se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’articolo 61, primo comma, numero 5). L’art. 61 c.1 n.5 prevede una aggravante per il reo che ha profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Come una aggravante si possa utilizzare per escludere la pena invece che per aumentarla è un mistero gaudioso. Per non turbare irreversibilmente la mia mente, sono costretto a pensare che il legislatore, nel suo stato di marasma linguistico, abbia voluto dire che anche il soggetto debole, chi deve girare di notte o in ambienti malfamati, chi non può chiamare aiuto, chi si trova di fronte energumeni, ha diritto di difendersi in tutti i modi, senza doversi preoccupare di non far troppo male al povero aggressore! Essa vale specialmente per tutti i casi di aggressione al di fuori dei lungo di abitazione e lavoro e quindi ha valore generale. La mia è solo un’ipotesi, ma è l’unica che non porti ad orrori giuridici.

– che non vi è mai eccesso colposo se si è agito in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto. Come detto sopra è norma già nota ad altri paesi europei ed è sacrosanta perché è normale che in certe situazioni si perda la testa, che l’adrenalina prevalga su altri ormoni, che si debba pensare urgentemente a salvare la pelle e non alle massime della cassazione sulla legittima difesa. Però è stato un grave errore scrivere la parola “grave”. Non dubito che leggeremo sentenze in cui il giudice, che in vita sua è stato aggredito solo dal coniuge, sosterrà che la vittima ha fatto male a spaventarsi “gravemente” perché bastava spaventarsi un pochino. Nessun altro Stato in cui si è giustificati a causa del turbamento dovuto all’aggressione ha avuto la bislacca idea di parlare di “grave” turbamento perché questo è soggettivo e non misurabile. Negli altri paesi la formula serve per aiutare nel modo più benevolo chi si è difeso ed ha protetto la società; in Italia servirà per condannare qualcuno perché secondo i testimoni è una persona molto calma!

Leggo che nelle osservazioni fatte dal Presidente della Repubblica si dice che necessariamente “il grave turbamento” non può essere soggettivo, ma oggettivo. Pare che siano stati i suoi “consiglieri giuridici” (a naso direi dei magistrati) a scrivere ciò. Cosa da restare a bocca aperta a leggerla perché ovviamente le passioni non si possono misurare e non si possono provare; sarebbe come stabilire se uno è molto innamorato o poco innamorato! Un giurista serio avrebbe invece ricordato a tutti che in Italia vige la presunzione di innocenza e che quindi se chi si è difeso dichiara di essere stato turbato dall’aggressione gli si deve credere fino a prova contraria, la quale deve essere fornita dall’accusa e non certo dall’indagato. Questa affermazione è ancora l’espressione di quella sconcia mentalità giuridica di cinquant’anni orsono in cui si affermava che se uno veniva aggredito nel bosco di notte da un bandito, era lui a dover dimostrare che il bandito lo voleva davvero rapinare! E senza testimoni, poteva anche essere condannato!

Ho letto anche che secondo certi giuristi (sicuramente ministeriali perché è opinione diffusa in tali ambienti) in Italia la difesa del cittadino è riservata alle forze di polizia è quindi è cosa anomala che il cittadino si difenda da solo e che vi siano le guardie del corpo (che infatti non sono mai state riconosciute!). Sia chiaro che di anomalo vi e solo la mente di chi si inventa certe idee, senza la minima base normativa e in contrasto con i principi costituzionali (primo fra tutti il diritto a difendersi in ogni caso, anche dallo Stato, se questo sbaglia, secondo che il cittadino ha il dovere di aiutare lo Stato a risolvere i problemi della società!).

Il grave e serio difetto della norma è che si è pensato solo alla legittima difesa domiciliare o sul luogo di lavoro ignorando del tutto la necessità di legittima difesa all’aperto o quando si viaggia in auto. Il principio che il turbamento esime da colpa, che in tutti gli altri paesi vale per ogni tipo di aggressione, in Italia è stato ristretto alla aggressione con intrusione; delle situazioni di minorata difesa, si tiene conto solo se vi è intrusione. Per il nostro stupido legislatore si ha diritto di essere spaventati solo in casa e non in un bosco o sulla pubblica via; una donna si deve spaventare solo se la violentano in casa e non se un tizio le salta addosso in un vicolo. Il benzinaio si può turbare se cercano di rapinarlo entro il suo chiosco, ma se esce con l’incasso e lo aggrediscono a sprangate a dieci metri dal chiosco deve stare bene attento; guai se lui e la donna non valutano la situazione col bilancino!  È un modo di ragionare ignobile!

D – L’articolo 7 della legge modifica il regime della responsabilità civile stabilendo che non si risponde per i danni nei casi in cui l’art. 52 ha stabilito che ricorre sempre la legittima difesa. È cosa ovvia e non c’era nessun bisogno di scriverlo. Nessuno ha mai pagato i danni per una condotta che la legge considera lecita! E quando l’art. 55 esclude che vi sia eccesso colposo è ovvio che non si devono pagare i danni. Ed invece, altro mistero gaudioso. la norma prevede che quando l’eccesso colposo è escluso perché si agito in condizioni di minorata difesa (buio, luogo malfamato, ecc.) o per grave turbamento, non si è punibili ma però al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato. Norma di totale incongruenza giuridica: o l’eccesso colposo non c’è e non si è punibili e non vi può essere risarcimento, oppure la colpa c’è e vi deve punizione e risarcimento. Certamente il legislatore può punire l’eccesso colposo con una piccola ammenda e limitare il danno ad una cifra simbolica, ma non può condannare a pagare i danni chi tre parole prima ha dichiarato essere innocente!

Chi ha scritto la norma si è sbagliato: semmai doveva scrivere che nei casi in cui vi è eccesso colposo la liquidazione del danno deve essere ridotta al minimo stante l’evidente efficienza causale della condotta del rapinatore.

E – L’art. 8 stabilisce che a colui che si è difeso ed è stato indagato o processato e poi riconosciuto innocente, lo Stato gli rimborserà le spese di avvocato e del processo. Ottima regola che nel resto d’Europa vale per TUTTI coloro che sono ingiustamente accusati e indagati da PM incapaci (fanno eccezione a questa regola Francia, Germania e Italia). La norma sarà forse utile perché nel momento in cui un indagato per altri reati e risultato innocente solleverà la questione del rimborso delle spese legali, la Corte Costituzionale dovrà riconoscere che spettano a tutti e non solo a chi ha si è difeso da una aggressione!

F – L’articolo 9 stabilisce che i processi per chi ha ucciso o ferito in episodi in cui si invoca la legittima difesa vanno trattati con priorità. Non molto chiaro lo scopo perché è giusto far assolvere rapidamente chi è innocente, ma non rientra nello spirito della legge di far condannare rapidamente chi ha sbagliato a difendersi! Però non cambia nulla perché in Italia non si riescono a fare rapidamente neppure i processi per direttissima!

 

Un problema è sfuggito al legislatore il quale ha modificato l’art. 55 sull’eccesso colposo in relazione alla legittima difesa, ma non ha previsto l’estensione dei nuovi criteri di valutazione a chi si trova a dover usare le armi per adempiere ad un dovere del proprio ufficio (art. 53 c.p.) il che significa che l’agente di PS di fronte al giudice è sfavorito rispetto al privato: egli non può invocare il fatto di essere vittima di una intrusione, di essersi trovato in condizioni di minorata difesa (ad es. da solo in un quartiere in mano alla criminalità) o di aver agito in stato di grave turbamento (non credo che le Forze di polizia siano addestrate tutte al combattimento con gli incursori e le teste di cuoio, e comunque chiunque si può sentire turbato se ci si trova di fronte un terrorista che potrebbe essere imbottito di esplosivo).

La dimenticanza è grave perché le Forze di polizia continuano ad essere soggette a veder valutato il loro comportamento dei giudici che sanno usare solo il bilancino, i quali pensano che sparare un colpo basta e avanza (la regola saggia è invece di sparare fino a che l’aggressore non è steso a terra a senza armi in mano) e sono capaci di indagare per vilipendio di cadavere chi ne spara un secondo, che pretendono di sapere con precisione, leggendo i codici, che cosa è giusto fare in situazioni di pericolo. Ma se non lo sa neppure il Ministero che mai ha scritto regole di ingaggio per la polizia! Forse dovrebbero imparare dai medici i quali operano seguendo linee guida ufficiali e vanno esenti da colpa se le osservano.

In conclusione si può dire che una legge nata con le miglior intenzioni, per tutelare il cittadino e le Forze dell’Ordine da forme di accanimento giudiziario, è stata massacrata dai suoi estensori che hanno vanificato le buone intenzioni; la legittima difesa rimane confinata da troppi paletti il cui peso è lasciato alla valutazione del giudice e il numero di coloro che verranno trascinati ingiustamente di fronte alla giustizia non cambierà. È vero che poi potrà ottenere il rimborso delle spese, ma nessuno gli pagherà mai i danni, le spese aggiuntive, il danno morale e all’immagine.

Dispiace vedere come i magistrati siano sempre pronti a dare giudizi politici, non di loro competenza, sulle nuove leggi, ma non intervengano mai per migliorarne il profilo tecnico e per aumentare l’efficienza della giustizia; pare che non accettino che sia la legge a stabilire quando una persona è colpevole o innocente, con regole migliori di quelle che può partorire la mente di un singolo giudice, competente, forse, sul come leggere una legge, ma sicuramente non esperto in altri campi.

 

Edoardo Mori: Ex Giudice di Cassazione, si occupa da sempre di armi. Esperto cacciatore, conoscitore di armi antiche e ancor più esperto della normativa in vigore è un importante punto informativo sempre aggiornato sulle novità legislative del nostro Paese. Articolista per le maggiori pubblicazioni di settore come Diana Armi, Armi e Tiro, Tac Armi.
Autore del sito web Enciclopedia delle Armi con 4 milioni di visitatori.
Ha  pubblicato il “IL CODICE DELLE ARMI E DEGLI ESPLOSIVI” edizione 2016

 

I Codici Commentati, Codice delle Armi e degli Esplosivi 2016 “La Tribuna”, offerta esclusiva per gli iscritti alla CONSAP, spedizione gratuita

Codice delle Armi e degli Esplosivi "La Tribuna", offerta esclusiva per gli iscritti alla CONSAP

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La casa editrice “La Tribuna” ha riservato un’ offerta esclusiva per tutti gli iscritti alla CONSAP in regola con il tesseramento per l’anno in corso, il Codice delle Armi e degli Esplosivi, scritto dal dr. Edoardo Mori  e giunto alla sua 11° edizione,  ad un prezzo davvero speciale da 40 euro (prezzo di copertina) a 26 euro (prezzo riservato al sindacato CONSAP). L’offerta è valida fino al 15 maggio 2016 e fino ad esaurimento scorte.

Il libro è fondamentale per tutti gli operatori delle Forze di Polizia che devono applicare norme amministrative o penali in materia di armi.

Ogni interessato a ricevere il volume deve:
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Il sindacato CONSAP e la Casa Editrice “La Tribuna” hanno facoltà di verificare, per le prenotazioni, l’effettiva e veritiera adesione al sindacato che ha sottoscritto l’offerta.
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Codice delle Armi e degli Esplosivi "La Tribuna", offerta esclusiva per gli iscritti alla CONSAP

Il commento del dr. Edoardo Mori alla nuova edizione:
dr. Edoardo Mori


Il mio Codice delle Armi non è solo una raccolta di leggi ma è anche una enciclopedia del diritto delle armi. Nel volume di ben 1370 pagine, 555 pagine contengono tutte le norme di legge e le circolari in materia di armi, munizioni, esplosivi, artifici, mentre 823 pagine espongono, in oltre 150 capitoli separati come in una enciclopedia, tutti gli argomenti che possono interessare l’armiere o il cittadino per risolvere un problema e capire le norme intricate e confuse che regolano la materia. Ogni capitolo riporta tutta la giurisprudenza del passato ancora valida. Un ampio indice analitico aiuta a ricercare rapidamente ogni argomento. Alcuni capitoli forniscono chiare indicazioni tecniche sulle armi e le munizioni e la loro nomenclatura.

Ho creato quest’opera perché all’inizio della mia professione, oltre quarant’anni orsono, mi ero accorto che ben pochi capivano qualche cosa di diritto delle armi e che tutti i libri erano basati sulle sentenza della cassazione che, per suo compito, si è occupata esclusivamente nell’aspetto penale, mentre invece il diritto delle armi è basato su norme di diritto amministrativo. Inoltre i pochi testi in circolazione erano scritti da giuristi che le armi le conoscevano solo per sentito dire; fu così che dovetti farmi anche una cultura sulle armi, la balistica, gli esplosivi.

L’opera si distingue da tutte le altre perché è l’unica che ha potuto utilizzare lo sterminato numero di quesiti concreti e particolari che mi sono stati posti nel corso di decenni, costringendomi ad approfondire all’estremo ogni argomento, ben oltre i pochi casi tipici che si ritrovano nelle sentenze dei giudici.

Avendo trattato tutti gli aspetti amministrativi, il libro è fondamentale per tutti gli operatori delle Forze di Polizia che devono applicare norme amministrative o penali in materia di armi in cui il supporto da parte delle autorità centrali è veramente scarso e spesso privo di una visione globale dei problemi e dell’evoluzione della giurisprudenza.

A partire dal Testo Unico di P.S. del 1931 le leggi sulle armi sono state in continua evoluzione. Nel 1967 sono state regolate le armi da guerra e sono state aumentate notevolmente le pene, nel 1975 con la legge 110 è stato scritto un testo che cercava di regolare l’intero settore delle armi, ma con infinite difficoltà in interpretative, spesso dovuta al fatto che gli operatori non volevano comprendere che le emozioni del passato erano ormai superate e abbandonate. Dal 1991 ulteriori novità venivano portate dalle direttive europee che superavano e sostituivano molte delle : quando bisogna conoscere ed applicare oltre 150 provvedimenti normativi, non è davvero facile orientarsi per l’operatore ed il cittadino.

 

 

 

Porto d’armi, certificato di idoneità per gli Agenti di P.S.? Il parere del dr. Edoardo Mori

porto armi psIl certificato medico per ottenere licenze di porto d’armi è stato introdotto con l’art. 1 della L. 6 marzo 1987, n. 89 il quale recita:

  1. Alla documentazione richiesta per ottenere la licenza di porto d’armi deve essere allegato apposito certificato medico di idoneità.
  2. Il Ministro della sanità fissa, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, sentite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i criteri tecnici generali per l’accertamento dei requisiti psicofisici minimi per ottenere il certificato medico di idoneità per il porto delle armi.

Si noti come la norma sia scritta con i piedi visto che curiosamente prevede che il certificato sia “allegato” alla domanda; si potrebbe ritenere che se uno, un mese dopo aver conseguito la licenza di caccia, diviene cieco, può continuare a cacciare per 6 anni! E si potrebbe pensare che se uno il certificato lo presenta separatamente,  la licenza non può essere concessa!

Il Ministero della Sanità provvedeva ad emanare il D.M. Sanità 28 aprile 1998, ancora in vigore.

Il D.to L.vo 204/2010 riconfermava l’obbligo della certificazione circa l’idoneità psichica per l’acquisto e detenzione di armi (art.3 lett. d) e introduceva l’obbligo di far ricertificare l’idoneità ogni sei anni.

Il D.to L.vo stabiliva l’obbligo generale per tutti i detentori di armi di presentare ogni sei anni un certificato di idoneità psichica: sono esentati solo coloro che lo hanno conseguito, in tale intervallo di tempo, per il rilascio di una licenza di porto d’armi.

Con Circolare 30 aprile 2013 Ministero dell’Interno si affrontava il problema se  gli appartenenti alle Forse di Polizia, autorizzati a portare armi a termini dei rispettivi regolamenti, fossero tenuti a munirsi del certificato di cui sopra per le licenze di porto d’armi “private”. La circolare scriveva:

In relazione, poi, al dubbio sulla possibilità di acquisire l’attestato di servizio in luogo del certificato medico di idoneità psicofìsica, si rappresenta che il D.M. Sanità 28 aprile 1998, concernente i requisiti psico-fisici minimi richiesti per il rilascio /rinnovo delle licenze di porto d’armi (nel caso di specie, ex art. 42 T.U.L.P.S.), non esenta alcuna categoria di soggetti dall’obbligo di presentazione della prevista certificazione sanitaria di idoneità psico-fisica, ai fini del rilascio/rinnovo di tali autorizzazioni.

Pertanto, posto che non è prevista, al riguardo, alcuna deroga a favore degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, anche se in servizio, occorre, peraltro, ricordare che, per il rilascio di certificazioni sanitarie per il conseguimento della licenza di porto d’armi (per difesa personale, per uso caccia o per il tiro a volo), all’art. 5 della Convenzione tra il Fondo assistenza per il Personale della Polizia di Stato e la Direzione Centrale di Sanità, firmata il 25 giugno 2012 e valida fino al 25 giugno 2017, sono indicate le prestazioni e le attività di assistenza sanitaria svolte dalla predetta Direzione Centrale, nonché, all’art. 4, i beneficiari, divisi per categorie, per i quali sono applicate distinte tariffe.

Infine la  circolare del Ministero dell’Interno del  29/04/2015   scriveva:

Al riguardo, nel richiamare i contenuti della circolare. datata 8 maggio 2013. ad oggetto “Licenze di porto d’armi per difesa personale agli appartenenti alle Forze di Polizia”, si ritiene, in conformità al disposto di cui all’art. 35 TULPS, che i medesimi debbano produrre, nel termine prestabilito, la certificazione medica di cui al D.Lgs in parola.

Tuttavia, si rappresenta che è stata predisposta da questo Dipartimento, d’intesa con le altre Forze di Polizia, una proposta di modifica al D.M. (Sanità) del 28 aprile 1998. concernente i “Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile uso di caccia ed al porto d’armi per uso difesa personale”. secondo la quale il possesso dei requisiti psicofisici di cui agli arti. 1 e 2 del predetto decreto da parte degli appartenenti alle FF.PP. sia da ritenersi presunto ed assorbito dall’apposita attestazione di servizio rilasciata dall’Amministrazione di appartenenza che certifica tale condizione di idoneità. Tale proposta è stata già condivisa dal competente Ufficio Legislativo del Ministero della Salute e sono in corso, a cura di quel Dicastero, le procedure previste per l’adozione della richiamata modifica

Appare evidente che il Ministero dell’Interno è caduto in un grosso equivoco giuridico, dimostrazione di quanto poco siano capaci di ragionare in diritto, perchè sono sempre partiti dal presupposto che possa essere il DM interministeriale che stabilisce i parametri medici di idoneità, a stabilire anche chi deve o non deve presentare  il certificato di idoneità psichica o psicofisica, a seconda dei casi.

Nulla di più errato; il DM non può certo creare obblighi a carico dei cittadini i quali non siano dovuti in base ad una norma di legge e non certo in base ad un provvedimenti amministrativo. È ovvio che il DM del 1998 non ne parli! Il fatto è che all’epoca vi erano funzionari più preparati! Quindi dal fatto che non ne parli non può essere tratta alcuna conclusione.

Se ci si limita quindi a doverosamente interpretare solo la legge e non le circolari si deve concludere:

  1. a) La legge, art. 15 L. 183/2011 dice in via generale che non si possono richiedere certificazioni su fatti già noti alla gli atti della PA.
  2. b) Perche mai la pubblica amministrazione deve chiedere ad un suo dipendente che porta la pistola di portare un certificato per dimostrare se è idoneo al porto della pistola?  O forse nella PS danno la pistola ai depressi, ciechi e mutilati senza alcun controllo?
  3. c) È cosa ovvia che si deve presumere che la PA, quando autorizza un suo dipendente a detenere e portare armi, lo faccia nel rispetto della normativa e dei principi generali in essa contenuta e che sia essa stessa ad accertare che il soggetto sia idoneo; cosa che di fatto avviene. Ed allora perché gli accertamenti già svolti dalla PA devono venir qualificati come insufficienti?
  4. d) Unico problema sorge per coloro che sono autorizzati a detenere e a portare armi senza  licenza in ragione della loro qualifica permanente (ad. es. magistrati) e, così ragiona la circolare, di conseguenza neppure gli si può richiedere il certificato di idoneità. Ma questa conclusione dimostra proprio la correttezza di quanto detto al punto c). Forse che se un magistrato dà fuori di testa, i suoi superiori possono nascondere la cosa, senza preoccuparsi se il poveretto detenga armi e se sia divenuto pericoloso? È certo che se si comportassero così diventerebbero corresponsabili, a titolo di colpa, per ogni evento dannoso commesso con le armi e che essi hanno il dovere di informare il prefetto affinché adotti un provvedimento di ritiro delle armi e del tesserino che autorizza al loro acquisto. Lo stessa fatto che le Corti di Appello rilascino questo tesserino, non previsto da nessuna norma, dimostra che qualcuno si è reso conto del problema.

In conclusione il DM sulla certificazione non deve e non può occuparsi di chi deve o non deve produrre il certificato.

Per gli agenti di PS che prestano servizio armato, la loro idoneità deve essere costantemente controllata dalla PA da cui dipendono, tenendo conto  dei parametri sanitari minimi indicati nell’emanando decreto ministeriale.

I superiori sono personalmente responsabili per non aver preso in considerazione situazioni di inidoneità sopravvenuta.

È del tutto opportuna una circolare che chiarisca questi doveri.

Solo così viene rispettato il principio generale secondo cui non si devono richiede ai cittadino accertamenti e certificati inutili, con inutili costi e perdita di tempo e il principio di massima economicità dell’attività  amministrativa.

 

dr. Edoardo Mori

dr. Edoardo Mori

Edoardo Mori: Ex Giudice di Cassazione, si occupa da sempre di armi. Esperto cacciatore, conoscitore di armi antiche e ancor più esperto della normativa in vigore è un importante punto informativo sempre aggiornato sulle novità legislative del nostro Paese. Articolista per le maggiori pubblicazioni di settore come Diana Armi, Armi e Tiro, Tac Armi.
Autore del sito web Enciclopedia delle Armi con 4 milioni di visitatori.
Ha  pubblicato il “IL CODICE DELLE ARMI E DEGLI ESPLOSIVI” edizione 2016

Codice delle Armi 2016 del dr. Edoardo Mori