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CONCORSI, PREPARAZIONE e FORMAZIONE nella Pubblica Amministrazione : servizio gratuito grazie all’accordo CONSAP e INFAP (#consaproma)

CORSO PREPARAZIONE CONCORSI P.A. - INFAP - CONSAP

CORSO GRATUITO DI PREPARAZIONE AI CONCORSI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
OFFERTA RISERVATA ISCRITTI CONSAP

Continua senza sosta l’attività della CONSAP – Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia in materia di agevolazioni per gli iscritti al sindacato e rivolte anche al nucleo familiare dell’associato. Nel panorama presentato dalla CONSAP nel settore convenzioni e grazie al prestigioso accordo con l’INFAP – Istituto Nazionale Formazione e Addestramento Personale siamo lieti di annunciare la possibilità di partecipare, gratuitamente, al Corso di Preparazione ai Concorsi nella Pubblica Amministrazione, corso utile sia per i colleghi iscritti stessi per avere tutte quelle nozioni culturali e professionali per affrontare concorsi interni ed esterni, sia per il proprio nucleo familiare dove esista l’interesse di prepararsi per un concorso da Agente, da Ispettore o Commissario.

Il corso è frutto di  un’accurata  ricerca svolta dai maggiori esponenti del settore a livello nazionale e prevede circa 90 ore di lezione interamente in modalità e-learning.

Durata

Il corso ha una durata di 90 ore.

Modalità di erogazione

Il corso è fruibile attraverso la piattaforma INFAP e-learning alla quale si può accedere 24/24h da una qualunque postazione internet.

Costo

IN OFFERTA SPECIALE

€349,00GRATUITO PER GLI ISCRITTI ALLA CONSAP E NUCLEO FAMILIARE

Scadenza del corso

Il corso sarà attivo per 12 mesi dalla data di attivazione.

Materiale didattico

Slide e audio lezioni scaricabili, che permettono la fruizione anche in modalità offline.

Programma del corso:

  1. Diritto costituzionale
  2. Diritto amministrativo
  3. Ordinamento giuridico EE.LL., anticorruzione, trasparenza e controlli
  4. Ordinamento finanziario e contabile ee.ll. e contabilità pubblica
  5. Tecniche di redazione degli atti amministrativi degli EE.LL.
  6. Contratti pubblici e appalti
  7. Pubblico impiego
  8. Diritto penale
  9. Diritto privato
  10. Elementi di economia politica e scienza delle finanze
  11. Diritto dell’unione europea

Possibilità di effettuare anche lezioni con moduli singoli clicca qui

 

Per tutti i corsi diversi presenti sul sito web INFAP è prevista invece una speciale scontistica CONSAP in base al corso individuato (informatica, inglese, cyber security, blsd, primo soccorso, ecc)

Contatti:

Tel.: 0627858462  – Email: segreteria@consaproma.com 

 

 

Convenzione CONSAP e INFAP Istituto Nazionale Formazione e Addestramento Professionale. Nella foto da sinistra: il Segretario Generale Provinciale CONSAP di Roma Gianluca GUERRISI, il Presidente Nazionale Ilenia NESCI e il Segretario Provinciale CONSAP di Roma Claudio PICANO

CORSO PREPARAZIONE CONCORSI P.A. - INFAP - CONSAP

CORSO PREPARAZIONE CONCORSI P.A. – INFAP – CONSAP

Convenzione CONSAP e INFAP - Istituto Nazionale Formazione e Addestramento Professionale - 2023

Convenzione CONSAP e INFAP – Istituto Nazionale Formazione e Addestramento Professionale – 2023

 

 

 

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Pensioni e TFS (trattamento di fine servizio), ricalcolo dei 6 scatti e aumento della misura dell’assegno pensionistico anche per anzianità

Pensioni e TFS (trattamento di fine servizio) ricalcolo dei 6 scatti e aumento della misura dell'assegno pensionistico
Pensioni e TFS (trattamento di fine servizio) ricalcolo dei 6 scatti e aumento della misura dell'assegno pensionistico

Pensioni e TFS (trattamento di fine servizio) ricalcolo dei 6 scatti e aumento della misura dell’assegno pensionistico

PENSIONI POLIZIA DI STATO E RICALCOLO 6 SCATTI AGGIUNTIVI

 

News Consap Roma
Grazie alla “controriforma” del  Governo Monti/Fornero nel 2011, vengono soppressi Inpdap ed Enpals.  consegnando nelle mani dell’Inps le varie competenze previdenziali degli impiegati della Pubblica Amministrazione. Le varie sedi provinciali dell’istituto predetto non hanno ritenuto, secondo una visione prettamente unilaterale,e restrittiva di applicare il beneficio dei sei scatti anche sul TFS (trattamento di fine servizio – trattamento di fine servizio (TFS), in Italia è una indennità corrisposta, alla fine del rapporto di lavoro, ai dipendenti pubblici statali assunti prima del 1º gennaio 2001). In realtà la legge del 7 Agosto 1990, n 232 all’art. 21 stabilisce che al personale della Polizia di Stato, gli  appartenenti ai ruoli dei Commissari, Ispettori, Sovrintendenti, Assistenti e Agenti, ecc sono attribuiti anche ai fini della liquidazione e della buonuscita e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, 6 scatti ciascuno del 2.50% che termina dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio. Il comma 2 stabilisce che tali disposizioni si applicano anche al personale che chiede di essere collocato in pensione a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e i 35 anni di servizio utile.  La Sentenza del Consiglio di Stato III sez, Sent. N 1231 del 22.02.2019, recante la liquidazione del TFS ( inerente il ricorso proposto da un Prefetto al quale non erano stati concessi sul TFS i 6 scatti, ai sensi dell’art. 6 bis d. l. N 387/1987), si è pronunciata in merito, stabilendo che spetta anche coloro che terminano dal servizio nelle condizioni previste dai commi 1 e 2  alludendo allo status soggettivo, sia anagrafico che previdenziale, dell’interessato. Giova altre sì ricordare, che in origine l’Istituto dei 6 scatti, ai fini sia della pensione che della liquidazione, nasce con la legge 804/73, ed era riconosciuto ai soli Colonnelli e Generali, quando terminavano dal servizio attivo per limiti di età.

….:::: Vediamo nel dettaglio

In base all’art. 4 del Dlgs 165/1997, al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia ad ordinamento militare o civile (Esercito, Marina, Aeronautica, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale dello Stato) sono attribuiti sei aumenti periodici in aggiunta alla base pensionabile, calcolati all’atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa determinata utili ai fini della determinazione della misura del trattamento pensionistico e della buonuscita. Tali aumenti periodici della base pensionabile incidono in maniera differente sull’ammontare del trattamento di quiescenza e sulle modalità di versamento del relativo contributo, a seconda del sistema di calcolo pensionistico applicabile all’interessato, retributivo, misto e contributivo puro e si aggiungono a qualsiasi altro beneficio spettante. Si rammenta che l’istituto in questione non trova applicazione nei confronti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Calcolo con le regole del sistema retributivo
A decorrere dal 1° gennaio 2005 i sei scatti stipendiali, ciascuno del 2,50%, vengono calcolati sullo sti­pendio cd. «parametrato» cioè sui valori stipendiali corre­lati ai livelli retributivi, indennità integrativa speciale, sui cd. benefici di infermità previsti dall’articolo 3 della legge 539/1950, sull’importo relativo alla retribuzione individuale di anzianità nonché sull’indennità di vacanza contrattuale e sull’eventuale assegno ad personam. I sei scatti non si applicano, invece, sull’assegno funzionale. Per il personale dirigente e per quello direttivo con trattamento stipendiale dirigenziale i sei scatti si calcolano sull’ultimo stipendio, con esclusione dell’importo relativo alle quote mensili di cui all’articolo 161 della legge n. 312/80 e delle altre indennità (es. indennità perequativa e di posizione). Considerato che i sei aumenti periodici vengono corrisposti in aggiunta alla base pensionabile, l’importo corrispondente al beneficio – rapportato all’aliquota pensionistica totale maturata dall’interessato all’atto della cessazione dal servizio – deve essere aggiunto alle quote di pensione, precedentemente determinate a norma del­l‘art. 13, Dlgs n. 503/1992. Ciò senza tenere conto, ovviamente, del beneficio stesso e senza operare la maggiorazione del 18%. In sostanza il 15% dello stipendio come sopra determinato deve essere moltiplicato per le relative aliquote di rendimento maturate dall’assicurato in funzione dell’anzianità contributiva in possesso al 31 dicembre 1995 o al 31 dicembre 2011 a seconda dei casi.
Ritenuta contributiva 
Per l’attribuzione della maggiorazione in parola la legge prevedeva l’applicazione di una aliquota contributiva a carico del lavoratore pari, in origine, all’8,75% poi incrementata progressivamente a partire dal 1998, secondo la tabella al Dlgs 165/1997. Per effetto della Riforma Fornero dal 1° gennaio 2012 la relativa contribuzione deve essere calcolata con l’applicazione dell’aliquota ordinaria sullo stipendio maggiorato figurativamente del 15% (messaggio inps 21324/2012).
Calcolo con le regole del sistema misto o interamente contributive
Per le anzianità maturate a decorrere dal 1.1.1996 (o dal 1.1.2012 per coloro in possesso di più di 18 anni di contributi al 31.12.1995) l’istituto dei sei scatti periodici viene trasformato in un incremento figurativo pari al 15% dello stipendio su cui opera la misura ordinaria della contribuzione. Ciò vale anche per il personale che esercita la facoltà di opzione per il sistema contributivo prevista dall’art. 1, comma 23, legge n. 335/1995. L’ulteriore contribuzione accreditata determina, pertanto, un incremento dell’imponibile retributivo per ciascun anno di riferimento ed incide sul montante contributivo che ogni anno viene rivalutato per il cd. tasso di capitalizzazione e, quindi, incrementa la cd. quota c di pensione.  Al riguardo l’Inps ha confermato che l’imponibile soggetto alla maggiorazione figurativa del 15% corrisponde allo stipendio parametrato come sopra individuato, e che su tale maggiorazione si applica l’aliquota pensionistica complessiva attualmente in vigore e pari al 33% (di cui 8,80% a carico del dipendente e 24,20% a carico del datore di lavoro), oltre allo 0,35% a titolo di Fondo Credito.
Va precisato che, per le anzianità contributive maturate fino al 31.12.1995, per i destinatari del sistema misto, i sei aumenti periodici sono calcolati secondo le regole del sistema retributivo, sopra evidenziate.

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Polizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAP

Sezione Polizia Stradale di Roma: da sinistra Quaglieri, Vannoni, Spagnoli, Bortone e Rosati

Sezione Polizia Stradale di Roma: da sinistra Quaglieri, Vannoni, Spagnoli, Bortone e Rosati

Nella mattinata del 16 ottobre u.s., si è svolta la programmata assemblea sindacale indetta da questa O.S. presso l’Aula magna della Sezione e Compartimento Polstrada del Lazio.
Sul piatto, i temi del riordino delle carriere, tra criticità e opportunità e il nuovo contratto di lavoro per la Polizia di Stato con le relative proposte della CONSAP.
Presenti: Stefano Spagnoli, Segretario Generale Nazionale  facente funzioni, Cesario Bortone, Coordinatore per il centro Italia, Gianluca Guerrisi, Segretario Generale Prov.le Aggiunto, Massimo Vannoni Segretario Prov.le-Consulta polizia Stradale, Gianfranco Rosati Coordinatore Segretari locali Polstrada e Massimiliano Quaglieri, Segretario locale CONSAP.
In premessa, il Segretario Spagnoli, si è voluto soffermare sulla problematica connessa alla scarsa propensione della Dirigenza della Polizia Stradale nel dare il giusto riconoscimento del lavoro svolto dai colleghi che, inevitabilmente, si riflette su rapporti informativi con punteggi assai più bassi rispetto agli operatori di altri Uffici, vedi Questure, Reparti Mobili ecc. ecc. che produce, evidentemente, scarsi riconoscimenti premiali e quindi, scarsi contenuti ai fini del punteggio utile alla partecipazione di concorsi e/o avanzamenti di carriera.
Si è ribadito che sarà forte l’attività di questa O.S. nel sensibilizzare non solo la Dirigenza locale, ma anche quella del Servizio di Specialità nel trattare questa tematica, facendo cessare questo “insensato” comportamento che penalizza i colleghi della stradale, creando discriminazioni evidenti all’interno della Polizia di Stato.
Riordino Carriere, dopo aver chiarito, semmai ce ne fosse ancora la necessità, che le OO. SS. su questo tema hanno avuto soltanto potere consultivo e non decisorio, ha spiegato come il “Progetto” del compianto Manganelli sia stato ribaltato rispetto all’originale, e sia stato “imposto” dalla Pubblica Amministrazione.
In tal senso, mentre alcune OO.SS., hanno tenuto “comportamenti speculativi”, dichiarandosi concordi all’origine, salvo poi per meri interessi di tesseramento, fare il “muso duro” a riordino fatto, la CONSAP, ha avuto, da subito un atteggiamento responsabile, analizzando le criticità, formulando concrete proposte e affermando che questo non è stato il miglior risultato raggiungibile ma che in virtù delle imposizioni politiche che non lasciavano spazi di manovra ai Sindacati, questo riordino, atteso da 20 anni, qualcosa ha mosso nell’orizzonte statico dell’organizzazione della Polizia di Stato, anche se non ne vedremo un altro per i prossimi 10 anni, benché ce ne sia ulteriore bisogno.
L’impressione è che questo riordino, come il precedente, verrà modificato dai numerosi ricorsi presso i tribunali amministrativi che, inevitabilmente, ci saranno.
A tal proposito, giova ricordare come non più tardi di una settimana fa la CONSAP abbia vinto il ricorso al TAR del Lazio  per la vicenda dei neo-ispettori vincitori del concorso, ai quali era stato imposto il trasferimento.
Quello che si è cercato di fare è stato quello di portare a casa il più possibile come si sta facendo con ilNuovo Contratto di Lavoro”.
Lo scopo, chiaramente, è quello di portare a casa il miglior risultato possibile nell’ambito in un quadro politico che non lascia ampi spazi di manovra e di risultato per le forze dell’ordine date le insufficienti risorse economiche. Giova ricordare come la Corte Costituzionale, 2 anni fa abbia dichiarato decaduto il contratto dei poliziotti, per cui, quello che si sta realizzando, la cui parte economica com’è noto, ha validità triennale, avrà valore solo per il 2018, posto che nel 2019 il triennio sarà di nuovo esaurito e si dovrà già discutere il successivo. La scorsa Legge di bilancio (2017) aveva “accantonato” alcune somme per il contratto delle forze dell’ordine, le quali avrebbero generato un aumento medio mensile di 35 euro nette a operatore. Con questa Legge di bilancio (2018), varata da poco, sono state accantonate  somme che dovrebbero portare nella busta paga dei poliziotti circa 60 euro nette mensili. Orbene, se a questa somma si aggiunge la precedente, accantonata ma non erogata, l’aumento medio per i poliziotti, al netto delle tasse, dovrebbe aggirarsi intorno ai 100 euro mensili e questa cifra dovrebbe sostituire il Bonus Renzi di 80 Euro che ha scadenza naturale 31.12.2017.

Quali sono le nostre proposte:

  • Concreto aumento delle indennità accessorie; non si può pagare un’ora di straordinario emergente o programmato meno di un’ora di servizio ordinario;
  • Facendo seguito a una Sentenza favorevole ad alcuni operatori del personale paramedico che ha riconosciuto loro ”un’indennità di vestizione”, si punta a ottenere la corresponsione di un forfait di ore di straordinario necessarie a indossare e togliere la divisa;
  • Richiesta di aumento dell’indennità di servizio esterno, notturna e festiva, più il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva per tutti gli operatori burocratici che svolgono particolari e delicate attività;
  • Aumento del valore dei buoni pasto (almeno 7 euro);
  • Richiesta di unindennità per la pulizia della divisa di servizio;
  • Detassazione di alcuni emolumenti, in virtù del riconoscimento del principio di specificità del nostro comparto;

Il succo è quello di ottenere tutta una serie di riconoscimenti economici che possano andare ad aggiungersi all’aumento stipendiale, allo scopo di rendere, ovviamente, più alto  il peso della busta paga.
Sulle pensioni: E’ stato ribadito il concetto ( hai noi!) chiaro, secondo cui i colleghi che andranno in pensione solo con il sistema contributivo, avranno un pensione decurtata di un valore tra il 36 e il 40% rispetto ad  un collega che andrà via con il sistema retributivo!
Anche qui queste le proposte CONSAP:

  • Calcolo della pensione almeno al 50% con il sistema contributivo;
  • Omologazione della polizia di stato all’arma dei carabinieri, ovvero riconoscere su base volontaria la possibilità di lavorare 3 anni in più ( in ambito burocratico), al fine di accrescere il valore contributivo e ottenere un pensione più dignitosa.     

Momenti dell’assemblea sindacale:

Polizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAPPolizia Stradale, Compartimento Lazio e Sezione Roma, partecipata assemblea sindacale CONSAP

 

Gianfranco Rosati

Per la Segreteria Prov.le  CONSAP
Gianfranco Rosati

Armi, la questione marca da bollo per la variazione del numero delle armi in collezione, Edoardo Mori “un balzello non previsto dalla legge”

Il dr Edoardo Mori

Il dr Edoardo Mori

La questione “marca da bollo” da applicare sulla variazione del numero delle armi in collezione e affrontata in vari articoli pubblicati su questo sito ha “solleticato” la curiosità e le attenzioni di molti lettori, appartenenti al mondo delle Forze dell’Ordine e non solo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, le considerazioni in materia, del dr. Edoardo Mori, giurista ed esperto della legislazioni delle armi (il suo ultimo articolo pubblicato su questo sito web ha ricevuto oltre 25 mila letture e ottenuto oltre 4mila likes da social Facebook originando un dibattito in rete con oltre 300 discussioni tra utenti diversi).

In questa news abbiamo inserito anche un pubblico sondaggio per i lettori per conoscere la percentuale di gradimento.

Inizio articoloNon riesco a non restare ogni volta sbalordito di fronte alla incapacità della pubblica amministrazione di affrontare i problemi semplici; talvolta sono tanto semplici da non poter neppure essere definiti problemi!
Prendiamo il caso, che si trascina da 1975, della marca da bollo da applicare sulla variazione nel numero delle armi in collezione.
Chiunque sappia leggere  trova con facilità la norma sul bollo in cui si dice che tale tassa è dovuta per ogni istanza diretta alla P.A. tendente ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo. Perciò, ovvia conseguenza che non richiede altro che la capacita di far 2+2, è che ci vuole la marca da bollo per richiedere la licenza di collezione e che ci vuole quando si chiede il suo ampliamento perché implicitamente si richiede una nuova valutazione, ad es., sulle maggiori misure di sicurezza da adottare.
Chiunque dotato della capacità di comprendere che negli uffici bisogna eliminare il lavoro inutile, avrebbe capito, fin dal 1975, che la licenza può essere rilasciata  per un numero maggiore di armi di quelle già detenute, in previsione di  successivi acquisti e senza bisogno di una nuova valutazione per ogni singolo acquisto (le misure di sicurezza per tre pistole, sono senz’altro adeguate anche per cinque!). Ma lasciamo perdere: se nessuno in quarant’anni c’è arrivato, ciò significa che il ragionamento supera le capacità speculative dei vari funzionari succedutisi nell’Ufficio e, come ben dicevano i romani, ad impossibilia nemo tenetur.
A questo punto la questione era chiusa, perché da nessuna norma o disposizione si può ricavare che la cessione di una o più delle armi collezionate comporti l’obbligo di una domanda di variazione delle stessa: deve essere denunziata la cessione dell’arma, essa verrà depennata dall’elenco delle armi denunziate e l’Ufficio ha tutti  i dati che gli servono per  gestire la situazione.
Purtroppo invece sono arrivati coloro che credono di poter fare i giuristi, sia perché credono che chiunque abbia la licenza elementare può leggere una norma e comprenderla, oppure perché hanno preso la laurea per corrispondenza, ma non hanno mai capito che cosa significa interpretare il diritto: significa avere una perfetta conoscenza della materia regolata, delle norme che la regolano, dell’intero sistema giuridico italiano. Se non si è a questo livello si finisce tragicamente a credere che la norma voglia dire ciò che fa piacere farle dire! E quanto più uno è ignorante, tanto più crede dimostrare la sua preparazione arzigogolando e sofisticando sulle parole della legge.
Fu così che subito dopo l’uscita della legge 110/1975, la quale al collezionista di armi imponeva l’unico obbligo di non detenere le munizioni relative alle armi collezionate, se ne uscì il ministero con questo capolavoro di “ragionamento”: se è vietato detenere le munizioni vuol dire che è vietato portare le armi fuori di casa, che ne è vietato l’uso in qualsiasi luogo e modo, che per toglierle dalla collezione per cederle o per portarle a riparare bisogna essere autorizzati! Puro delirio giuridico che ignora la regola fondamentale secondo cui in uno Stato di tutto ciò che non è espressamente vietato è lecito.
Sulla base di questo ragionamento del cavolo (detto così perché anche dai cavoli escono i bambini) molti uffici hanno cominciato a richiedere la domanda con marca da bollo per chi denunzia la cessione di  un’arma in collezione; ma alcuni uffici sono anche giunti a sostenere che se uno non è autorizzato a cedere l’arma, non può cederla, non può trasportarla in armeria, non può neppure versarla all’autorità di PS. Credo di non offendere l’intelligenza di nessuno affermando che chi ragiona in questo modo non è degno di poter decidere in materia di diritti del cittadino.
La questione è stata percepita nel 2006 dal ministero (che cosa sono mai vent’anni per la burocrazia!) il quale, invece di scrivere due righe dicendo ai vari uffici “ma che cavolo vi è venuto in mente, non siete capaci di guardare la legge?”, se ne è uscito con una circolare del 13-2-2006 da cui si capiva solamente che non aveva capacità o il coraggio di decidere. In essa si inventa che, anche nel caso in cui il cittadino cede un’arma in collezione l’ufficio di PS deve affrontare  “un momento valutativo attenuato“. Frase ad effetto e assolutamente vuota perché neppure chi la scriveva riusciva a capire che cosa cavolo ci fosse da valutare: le armi in collezione sono solamente le armi in soprannumero e l’ufficio di PS può essere solo contento se uno diminuisce il numero delle armi che ha in casa. Però, pur di non decidere si inventava il comodo ripiego di chiedere un parere alla Agenzia delle Entrate. Purtroppo per il ministero, l’Agenzia delle Entrate aveva risolto il facile problema già tre mesi prima della pubblicazione della circolare e, forse per tale motivo, non rispose mai; ma il ministero dal 2006 ad oggi è rimasto in paziente attesa della poco agognata risposta, assolutamente ed indegnamente indifferente al fatto che migliaia di cittadini venissero assoggettati illegalmente ed ingiustamente ad un balzello derivante non dalla legge, ma dalla stupidità.
Per esperienza posso dire che ogni decennio un funzionario che riesce a dire una cosa intelligente ed a sottrarsi alla pressione ambientale si trova: i cittadini sperano che il 2016 sia l’anno buono!

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Armi, la questione "marca da bollo" per la variazione del numero delle armi in collezione, Edoardo Mori "un balzello non previsto dalla legge"

Armi e Legislazione, licenza di collezione e bolli, il parere del dr. Angelo Vicari

Armi e Legislazione, licenza di collezione e bolli, il parere del dr. Angelo Vicari

Armi e Legislazione, licenza di collezione e bolli, il parere del dr. Angelo Vicari

Al fine di rendere più chiara la “questione” relativa al pagamento dell’imposta di bollo per la depennazione di armi dalla propria licenza di collezioni, pubblichiamo volentieri il parere dell’illustre dr. Angelo Vicari, esperto di armi e di legislazioni di armi. L’articolo che segue è stato già pubblicato sul sito web del dr. Mori (http://www.earmi.it/) e, considerate le numerose richieste dei nostri associati in materia, pubblichiamo anche attraverso questo sito web, il parere espresso dal dr. Angelo Vicari.

 

Non passa giorno in cui il cittadino viene letteralmente bombardato dalla reclamizzazione di una pubblica Amministrazione sempre più efficiente, pronta a recepire tutte le istanze, anche quella di ridurre le tasse.
Purtroppo, l’uomo della strada, seppur abituato a queste promesse, di sospetta natura elettorale, si convince, come Alice nel paese delle meraviglie.
Ma anche Alice è costretta a ritornare nel mondo reale quando ha la necessità di rivolgersi agli uffici pubblici.
E’ il caso del collezionista di armi che decida di disfarsi di qualche pezzo e porti a conoscenza dell’Autorità di P.S. tale sua decisione per la depennazione  di quelle cedute dalla licenza di collezione; l’interessato si vedrà richiedere due marche da bollo, di cui una per la comunicazione e l’altra per l’aggiornamento del titolo. A nulla serviranno le rimostranze contro l’esoso balzello, siccome giustificato dall’applicazione della circolare del 13 febbraio 2006, con la quale sono stati stabiliti i criteri per l’applicazione dell’imposta di bollo per la collezione di armi comuni.
In merito alle variazioni in “aumento”, siccome “l’intenzione di aggiungere un nuovo pezzo…, deve essere preventivamente comunicata al questore, affinchè possa verificare l’ammissibilità dell’iscrizione…ed affinchè possa valutare…le prescrizioni impartite per la custodia”, la circolare del 2006 ha stabilito che tali “verifiche e valutazioni” comportano “un concreto esercizio della potestà provvedimentale” dell’Autorità di pubblica sicurezza, per cui “il regime fiscale non può essere che quello previsto dal D.M. 20. 8. 1992, recante approvazione della tariffa dell’imposta di bollo, in forza del quale sono soggetti al pagamento di tale imposta sia l’istanza…che il successivo atto adottato dall’Autorità di P.S., sia in occasione del primo rilascio del titolo,che delle successive variazioni”.
La stessa circolare rileva che “poiché nel caso di variazioni in detrazione, ossia per la cancellazione delle armi dalla raccolta, il momento valutativo appare attenuato…questo Dipartimento ha interessato la competente Agenzia delle Entrate per verificare se l’imposta di bollo sia dovuta anche in tale circostanza, per cui si fa riserva di successive istruzioni”, stabilendo nel contempo che “nelle more” della risposta al quesito, gli uffici “continueranno ad esigere l’imposta di bollo anche per le variazioni in detrazione”.
Sono trascorsi quasi dieci anni, ma l’amletico dubbio bollo sì, bollo no, non ha ancora trovato una risposta, con inqualificabile inerzia del Ministero dell’Interno e/o dell’Agenzia delle Entrate, cosicché si continuano ad esigere due marche da bollo anche per la depennazione di armi dalla licenza di collezione, basandosi esclusivamente su una, oramai, datata circolare, peraltro interlocutoria.
E’ da evidenziare che, solo tre mesi prima della suddetta circolare, lo stesso Dipartimento, nella risposta del 24 novembre 2005 ad un quesito formulato in materia da uno Studio legale di Bologna, ebbe a sostenere che “non sono, invece, da sottoporsi ad imposta di bollo le successive comunicazioni inerenti la variazione di pezzi tenuti in collezione, alla stregua della denuncia di armi prevista dall’art. 38 del T.U.L.P.S., in quanto tali atti non possono essere equiparati alle istanze, non dando origine ad un procedimento amministrativo, bensì ad una mera presa d’atto da parte della pubblica Amministrazione”.
Il riferimento alla fattispecie della denunzia di detenzione armi, di cui all’articolo 38 del T.U.L.P.S:, per avvalorare la tesi della non obbligatorietà dell’imposta di bollo nelle variazioni di armi in collezione, trovava il suo fondamento nella circolare del 25 giugno 1998, con la quale, considerando “la denuncia alla stregua di una dichiarazione, a mezzo della quale un privato cittadino porta a conoscenza del possesso di armi, munizioni o esplosivi l’autorità competente”, è stato stabilito che “la denuncia, assumendo la forma della dichiarazione e non dell’istanza…,non essendo richiesta dal dichiarante l’emanazione di un provvedimento a proprio favore, anche a giudizio del Ministero delle Finanze, non è da includere tra gli atti soggetti ad imposta di bollo sin dall’origine”, siccome “l’imposta di bollo regolata dal D.P.R. 26.10.1972 n.642…non sottopone al tributo sin dall’origine certificati, attestazioni, dichiarazioni…, mantenendo l’imposizione unicamente per le istanze…”. Ma, se solo tre mesi prima della circolare del 2006, il Ministero aveva previsto la non necessità dell’imposta di bollo, addirittura su tutte, indistintamente, “le successive comunicazioni inerenti la variazione di pezzi tenuti in collezione”, è da ricordare, anche che, solo dopo un mese da quest’ultima, lo stesso Dipartimento, in merito al quesito formulato da una Questura sull’applicazione delle marche da bollo per le variazioni delle armi inserite nella Carta europea d’arma da fuoco, ha emanato la circolare 31 marzo 2006 stabilendo che “l’inserimento o il depennamento di un’arma dalla Carta Europea non prevede la sostituzione della carta stessa, ma solo la sua integrazione. Le predette attività, inoltre, non richiedono alcuna valutazione discrezionale da parte dell’autorità competente, né risulta possibile, nelle ipotesi in questione, apporre prescrizioni al titolo. Tanto premesso, non si può considerare l’attività in parola una novazione del titolo che, in quanto tale, sarebbe assoggettabile ad imposta di bollo, ma un mero aggiornamento della licenza”.
In presenza di tali risoluzioni adottate dallo stesso Dipartimento, in tempi così ravvicinati, addirittura autonomamente, cioè senza ritenere necessario un parere dei competenti Uffici finanziari, riesce difficile comprendere quanto stabilito con la circolare del 2006.
Infatti, è pur vero che è da considerare legittima la disposizione impartita nella prima parte di quest’ultima, relativa alla previsione dell’obbligo dell’imposta di bollo per le richieste di variazione in “aumento” delle armi in collezione, trattandosi di una vera e propria “istanza diretta alla P.A. tendente ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo” e, in quanto tale, rientrante negli atti soggetti a bollo fin dall’origine, a termine del D.P.R. n. 642 del 1972 e successive modifiche (in particolare il D.M. 20 agosto 1992), che regolamenta l’imposta di bollo. Così come è da sottoporre all’obbligo della stessa imposta anche la successiva emissione della licenza originale aggiornata con l’inserimento di altre armi, siccome siamo in presenza di un vero e proprio “atto” di un organo dell’Amministrazione dello Stato rientrante nelle fattispecie di cui al suddetto D.P.R., atto che viene emanato dopo la verifica dell’ammissibilità dell’iscrizione e la valutazione dell’adeguatezza delle prescrizioni per la custodia, già impartite nella licenza dall’Autorità di P.S..
Tali verifica e valutazione sono, pertanto, da considerare “esercizio della potestà provvedimentale”, finalizzate all’emanazione di un provvedimento amministrativo discrezionale avente le caratteristiche di un’autorizzazione di polizia.
Invece, non possiamo considerare altrettanto legittima la seconda parte della circolare in commento, in particolare relativamente alla disposizione con la quale si stabilisce che, “nelle more” della risposta dell’Agenzia delle Entrate “le SS.LL. continueranno ad esigere l’imposta di bollo anche per le variazioni in detrazione”.
Tale risoluzione finale è in contrasto con la premessa, ove viene rilevato che per le “variazioni in detrazione il momento valutativo appare attenuato, soprattutto con riferimento…” alle citate “verifiche e valutazioni”. Infatti, considerata la corretta premessa che nelle variazioni in “detrazione” “il momento valutativo appare attenuato”, il Ministero sarebbe dovuto pervenire alla disposizione logico/giuridica del non obbligo dell’imposta di bollo e non del contrario, pur “nelle more” della risposta al proprio quesito da parte dell’Agenzia delle Entrate, conformemente a quanto stabilito tre mesi prima, nella risposta al citato quesito, ed in analogia con la circolare di un mese dopo sulla Carta europea.
Correttamente il Ministero osserva nella circolare del 2006 che “il momento valutativo appare attenuato”, siccome, con la “comunicazione” del collezionista per la depennazione di armi dalla licenza di collezione, a differenza della “istanza”, non si genera l’inizio di un procedimento amministrativo da parte dell’Autorità di P.S. che comporti “un concreto esercizio della potestà provvedimentale”. Infatti, l’articolata procedura, prevista dalla circolare del 15 maggio1995 (preventiva istanza per l’inserimento di armi e nulla osta del Questore), riguarda solo la variazione in “aumento” dei pezzi in collezione, ma nulla dispone per quella in “detrazione”, per cui vengono a mancare nella procedura di depennazione atti endoprocedimentali di “verifica” e “valutazione”.
La impossibilità di classificare la comunicazione del collezionista e la conseguente depennazione nella categoria dei veri e propri atti amministrativi, trova avallo nella definizione  del “procedimento” e del “provvedimento” da parte della più autorevole dottrina di diritto amministrativo. Alla luce di tali definizioni non pare proprio che le suddette semplici attività di comunicazione e depennazione possano considerarsi atti amministrativi di un procedimento, preordinati all’emanazione di un provvedimento, anche perché i provvedimenti amministrativi sono caratterizzati dalla discrezionalità che costituisce il margine di apprezzamento che la legge lascia alla determinazione dell’Autorità amministrativa. Tale potestà discrezionale non sembra esercitabile da parte dell’Autorità di P.S. nell’attività di depennazione, come del resto sottolineato, implicitamente, nella circolare del 2006 con l’affermazione che “il momento valutativo appare attenuato”, siccome detta Autorità deve solo prendere atto della comunicazione del collezionista e depennare le armi, senza poter e/o dover porre in essere alcuna attività di valutazione discrezionale.
Peraltro, sempre secondo indirizzi dottrinali in materia , siccome “una scelta, sia pure limitata entro un ambito ristretto, è consentita per l’emanazione di qualsivoglia provvedimento amministrativo, qualora la scelta mancasse in modo assoluto, non si avrebbe un provvedimento emanato nell’esercizio di una potestà, sibbene un atto dovuto”, come nella depennazione, anche perché “non assumono carattere di atti amministrativi quelle attività materiali che vengono poste in essere da un’autorità amministrativa in via di fatto, cioè al di fuori dell’esercizio di una potestà amministrativa”.
Quindi, la comunicazione per la cancellazione di armi dalla licenza di collezione non può inquadrarsi nella fattispecie degli atti amministrativi che danno inizio ad un procedimento e al conseguente provvedimento, non avendo la stessa comunicazione/dichiarazione la valenza di una istanza diretta ad ottenere un provvedimento della P.A., alla stregua della denuncia di detenzione di armi, o variazioni di armi sulla Carta europea d’arma da fuoco.
Analogamente, la conseguente depennazione da parte dell’Autorità di P.S. non può essere considerata provvedimento amministrativo, risultando una semplice attività materiale carente di qualsivoglia potestà discrezionale. La corretta definizione di quest’ultima attività del Questore, è da riferire agli “atti amministrativi diversi dai provvedimenti”, trattandosi di “atto di conoscenza”, cioè di “atto dichiarativo della P.A. che si limita ad accertare una determinata situazione, senza influire su di essa”, essendo “atto non consistente in manifestazione di volontà…ma di conoscenza” e, come tale, “non è provvedimento”.
Tali inquadramenti giuridici della comunicazione/dichiarazione del collezionista e dell’attività di depennazione da parte dell’Autorità di P.S. non possono che portare alla conclusione logico/giuridica del non obbligo dell’imposta di bollo per ambedue le attività, siccome la prima, non essendo “istanza diretta ad ottenere un provvedimento della P.A.”, non rientra nella fattispecie di cui all’articolo 3 della Tariffa allegata alla citata legge sull’imposta di bollo, mentre la seconda, non essendo “esercizio di attività provvedimentale”, non rientra nell’articolo 4 della stessa Tariffa, come, peraltro, affermato da Mori nel suo Codice (pg. 312) : “il bollo è dovuto perché si ritiene che il cittadino chieda un ampliamento della licenza di collezione…..Se invece il cittadino si limita a togliere una o più armi dalla collezione è sufficiente una comunicazione perché è un diritto del cittadino toglierla e non richiede all’Autorità alcun nuovo provvedimento”.
Un ulteriore motivo giustificativo della non obbligatorietà dell’imposta di bollo per la variazioni delle armi in “detrazione” lo possiamo riscontrare nella normativa sulla detenzione. Infatti, è da evidenziare che, anche per le armi destinate alla collezione, deve essere osservato quanto disposto dall’articolo 38 del T.U.L.P.S., cioè l’obbligo di provvedere alla relativa denuncia di detenzione prima dell’inserimento in collezione, come esplicitamente previsto dalla circolare del 15 maggio 1995. La conseguenza di quest’ultima previsione comporta che, ogniqualvolta si voglia variare in “detrazione” la collezione, si debba denunciare “qualsiasi modificazione nella specie e nella quantità”, come stabilito dall’articolo 58 del Regolamento di esecuzione del predetto T.U.L.P.S., comunicazione che, alla stregua della denuncia di detenzione, è esente da imposta di bollo.
Considerato tale obbligo, la denuncia di “modificazioni”, delle armi inserite in collezione, può essere già di per sé stessa considerata, nel contempo, come richiesta implicita di depennazione, cui deve conseguire la dovuta presa d’atto dell’Autorità di P.S. con la cancellazione d’ufficio dei pezzi ceduti.
Dunque, non sembrano mancare al Ministero i supporti logico/giuridici che permettano di venire incontro alle aspettative dei collezionisti di armi, la cui passione deve essere assecondata e facilitata, siccome spesso, a proprie spese, riescono a salvaguardare un patrimonio storico che altrimenti andrebbe perduto, considerato lo scarso interessamento dei musei quando si tratti di armi, anche antiche.
Si auspica, quindi, un aggiornamento della circolare del 2006, non essendo necessario attendere ulteriormente una risposta al quesito proposto, quasi dieci anni orsono, all’Agenzia delle Entrate.
Visto il tempo trascorso per prendere una decisione sull’amletico dubbio bollo sì, bollo no, sorge spontaneo richiamare il motto latino ”affrettati con lentezza”, ma, dopo quasi dieci anni, affrettati!..
Nel frattempo, è opportuno ricordare a coloro che si sentono costretti a dover richiedere l’esoso balzello, anche per le variazioni in “detrazione”, in ottemperanza a quanto disposto dalla circolare del 2006, che, per giurisprudenza e dottrina oramai consolidate, “le circolari della P.A. non possono essere in contrasto con quanto stabilito dalle norme statali”, a maggior ragione da norme costituzionali, come l’art. 23, e, quando siano “contrarie alla legge”, ”devono essere disapplicate”, siccome “l’organo inferiore non può ritenersi vincolato da un’errata interpretazione della legge compiuta da un organo superiore”.

Articolo pubblicato il 20 dicembre 2015
http://www.earmi.it/

dr. Angelo VicariCodice delle Armi 2016 del dr. MORI - Tribuna Editore
Il dr. Angelo Vicari            Il Codice delle Armi e degli Esplosivi del dr. MORI

Renzi, più soldi per il rinnovo del contratto, Innocenzi, un grande risultato, premiata la nostra azione

Renzi, più soldi per il rinnovo del contratto

Renzi, più soldi per il rinnovo del contratto

La battaglia portata avanti dalla Consap per incrementare le scarse risorse contrattuali, culminata nella grande manifestazione del 15 ottobre scorso a Piazza Montecitorio, comincia a dare i suoi frutti. Il premier al termine del Consiglio dei Ministri ha focalizzato l’attenzione soprattutto sulla pubblica amministrazione e annunciato nuove risorse per finanziare il rinnovo contrattuale nel pubblico impiego rispetto ai 300 milioni stanziati nel bilancio 2016. Renzi ha testualmente dichiarato “da sette anni i dipendenti pubblici non hanno aumenti dello stipendio, occorre riaprire la fase contrattuale. La cifra nella legge di stabilità è poco più che simbolica, siamo pronti a discutere». « Sappiamo che c’è bisogno di più soldi e siamo pronti a mettere più soldi purché sia chiaro che chi lavora nella Pubblica amministrazione deve essere premiato e chi fa il furbo va punito».Tra gli annunci del premier anche la riduzione dei corpi delle Forze di Polizia. Matteo Renzi ha annunciato che passano da 5 a 4, con l’approvazione del dlgs Forestali: « Abbiamo fatto un percorso coinvolgendo le donne e gli uomini della Forestale per portarli nell’Arma dei Carabinieri. I corpi si riducono. Da cinque si passa a quattro. L’organizzazione diventa piu’ semplice». La Consap – ha dichiarato il Segretario Generale, Giorgio Innocenzi, aspetta di ricevere al più presto la convocazione a Palazzo Vidoni per discutere il rinnovo contrattuale.

Polizia, stipendio di 1 euro, interrogazione parlamentare dell’On.le Rampelli

On.le Fabio Rampelli di FdI - Alleanza Nazionale autore dell'interrogazione parlamentare

On.le Fabio Rampelli di FdI – Alleanza Nazionale autore dell’interrogazione parlamentare

Pubblichiamo l’interrogazione parlamentare presentata dall’On.le Fabio Rampelli (FdI-Alleanza Nazionale) al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministro dell’Economia e delle Finanze, relativa all‘importo minimo comunque corrisposto agli aventi diritto, disponendo che gli eventuali conguagli o importi a debito dovuti dai medesimi siano rateizzati.
AL MINISTRO DELL’ INTERNO
AL MINISTRO DELL’ ECONOMIA
Premesso che
Lo scorso 24 aprile c.a. un poliziotto romano di 52 anni, in servizio presso l’Ispettorato di P.S. Palazzo Chigi, padre di tre figli, si è visto accreditare sul suo statino paga: stipendio del mese di aprile netto a pagare euro 1. La stessa identica sorte è toccata ad un Ispettore della Polizia in servizio presso un Consolato negli Stati Uniti con a  carico perfino  un figlio disabile al 100%.  La vicenda, che ha dell’incredibile, nasce perché i due poliziotti avrebbero avuto un conguaglio a debito verso l’amministrazione. Un debito involontario, nato dal fatto che in questi ultimi mesi gli erano state accreditate somme in più nello stipendio, somme di cui i dipendenti non si era accorti. Debito che il Dipartimento della pubblica sicurezza, una volta individuato, avrebbe potuto dilazionare, come chiesto dal sindacato di polizia Consap che ha denunciato tale vicenda ed era intervenuta per evitare quello che poi è accaduto.
Che, purtroppo tale caso rientra in una casistica sempre più frequente. Del fatto ne hanno ampiamente parlato i mass media. Sempre la Consap segnala che tali episodi sono molto frequenti anche presso lente previdenziale INPS; di recente un pensionato si è visto consegnare il cedolino della sua pensione di una mensilità di 3 euro, ed effettivamente tali casi sono reperibili in rete da chiunque. Che le reiterate violazioni non costituiscono meri errori di conteggio ma una vera e propria disattenzione e violazione di legge commesse da parte dei soggetti preposti alle erogazioni degli emolumenti.
E evidente che non è concepibile un totale azzeramento dello stipendio che pregiudica gravemente le condizioni essenziali di sopravvivenza; l’Amministrazione in genere, Stato, INPS, enti pubblici  hanno l’obbligo di rispettare il minimo garantito per la sopravvivenza.
Che è fatto oramai noto che questo non avviene poiché le detrazioni, i conguagli ed eventuali pignoramenti vengono operati  in automatico mediante sistemi informatizzati,  senza controllo e senza responsabilità da parte dell’ente. Che sempre nel mese corrente  (aprile), ad una docente in pensione F. B. per un conguaglio effettuato da parte dell’Inps, gli sono stati accreditati 440 euro di pensione e quest’ultima non ha potuto pagare le spese ordinarie per il mese corrente comprese le medicine, essendo invalida per 2/3. Per tale ragione uno studio legale romano ha dovuto intimare diffida al Direttore Generale dott. Crudo, per poter avere contezza e rispetto della legge vigente.
Lo Stato e lente previdenziale nel caso delle pensioni, dovrebbero per primi garantire il rispetto delle norme tutelando il lavoratore, in quanto la nostra Costituzione prevede che l’attività della Pubblica Amministrazione deve sempre perseguire l’interesse generale e soprattutto deve essere legittima.
La riforma intervenuta lo scorso anno, con il d.l. n. 83/2015 e relativa legge di conversione, ha introdotto diverse e sostanziali novità in materia di pignoramenti di pensioni e stipendi modificando il limite storico fissato dall’art. 545 c.p.c. e individuando (in rialzo) sia le soglie d’impignorabilità della pensione in generale che quelle di stipendi e pensioni accreditati sul conto corrente pignorato. Con riferimento al pignoramento delle pensioni, l’art. 13 del d.l. n. 83/2015 ha introdotto un nuovo comma all’art. 545 c.p.c. prevedendo che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.
Pertanto le trattenute secondo le normative enunciate a qualsiasi titolo sono da ritenersi illegittime  e comunque in ogni caso non possono superare i limiti imposti dalla normativa vigente, al fine di garantire le essenziali condizioni per la sopravvivenza dell’avente diritto. Nella fattispecie Anche la Corte Costituzionale si è pronunciata in tale senso, stabilendo il minimo garantito di 525,89.

Per le ragioni suesposte si interrogano i ministri sopra citati al fine di individuare eventuali responsabili e sensibilizzare i funzionari preposti al rispetto delle norme in materia.

Atto Parlamentare – Camera Deputati
Interrogazione a risposta scritta 
Interrogazione Parlamentare On.le Rampelli - FdI - Alleanza Nazionale

Interrogazione Parlamentare On.le Rampelli – FdI – Alleanza Nazionale

Pensioni e stipendi ridotti a zero: Lo Stato ha il potere-dovere di controllare. La Consap scrive al Ministero dell’Interno e al Presidente dell’INPS. Avviata la procedura di una interrogazione parlamentare!

Pensioni e stipendi ridotti a zero

Pensioni e stipendi ridotti a zero

Il caso del collega che si è visto accreditare uno stipendio da un euro non è un caso isolato e purtroppo rientra in una casistica sempre più frequente. Proprio di recente un pensionato si è visto consegnare il cedolino della sua pensione di una mensilità di 3 euro, e se fate una breve ricerca ne troverete decine di casi analoghi. Non è un errore di mero conteggio è una vera e propria violazione di legge.
Non conosco il singolo caso del collega che ha comportato un totale azzeramento dello stipendio, ma questi fatti sono allarmanti e pregiudicano gravemente le condizioni essenziali di sopravvivenza. L’Amministrazione in genere, Stato, INPS, enti pubblici ecc, hanno l’obbligo di rispettare il minimo garantito per la sopravvivenza.
Questo non avviene poiché le detrazioni, i conguagli ed eventuali pignoramenti vengono operati  in automatico mediante sistemi informatizzati,  senza controllo e senza responsabilità da parte dell’ente. Questo accade di frequente anche nel caso in cui l’ente o la stessa Agenzia delle Entrate fungono da sostituto d’imposta, nei casi di recupero Irpef o conguagli fiscali, accreditando al cittadino-lavoratore malcapitato importi irrisori e spesso, come nel caso del collega pari ad euro 1 o addirittura zero euro. Lo stesso è avvenuto di recente (aprile) ad una docente in pensione che per un conguaglio effettuato da parte dell’Inps, gli sono stati accreditati 440 euro di pensione e quest’ultima non ha potuto pagare le spese ordinarie per il mese corrente comprese le medicine, essendo invalida per 2/3.
La legge esiste che vieta tale condotta ma citare in giudizio o denunciare i responsabili ha dei costi insostenibili che vanno ad aggiungersi alle già precarie ed indigenti situazioni economiche.
Lo Stato e l’ente previdenziale nel caso delle pensioni, dovrebbero per primi garantire il rispetto delle norme tutelando il lavoratore, in quanto la nostra Costituzione prevede che l’attività della Pubblica Amministrazione deve sempre perseguire l’interesse generale e soprattutto deve essere legittima.
La riforma intervenuta lo scorso anno, con il d.l. n. 83/2015 e relativa legge di conversione, ha introdotto diverse e sostanziali novità in materia di pignoramenti di pensioni e stipendi modificando il limite “storico” fissato dall’art. 545 c.p.c. e individuando (in rialzo) sia le soglie di impignorabilità della pensione in generale che quelle di stipendi e pensioni accreditati sul conto corrente pignorato. Con riferimento al pignoramento delle pensioni, l’art. 13 del d.l. n. 83/2015 ha introdotto un nuovo comma all’art. 545 c.p.c. prevedendo che “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.
Ne deriva che la parte di pensione, pari ad una volta e mezzo la misura dell‘assegno sociale, sarà assolutamente impignorabile, rimanendo invece assoggettato al pignoramento, nei limiti del quinto, l’importo residuo risultante dalla differenza tra la somma globale del trattamento e quella corrispondente all’assegno sociale aumentato della metà. (cfr. studiocataldi.it). Pertanto la trattenuta secondo la normativa vigente è illegittima anche sotto questo ordine di profilo ed in ogni caso deve essere ridotta e non superare comunque i limiti imposti dalla normativa vigente, al fine di garantire le essenziali condizioni per la sopravvivenza dell’avente diritto. Nella fattispecie tale trattenuta ha perfino superato il limite della impignorabilità fissato dalla Corte Costituzionale ossia ad € 525,89, fissato e ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile 18755/2013), importo ritenuto il minimo vitale per la sopravvivenza dell’individuo, anche nel caso di debiti derivanti da tributi. A tal proposito si rammenta che al fine di effettuare la trattenuta o pignoramento oltre il quinto sulla pensione, è necessario apposita autorizzazione del Presidente del Tribunale che determina con decreto. Che l’inosservanza da parte dell’Ente terzo pignorato, di corrispondere, di ridurre o di frapporsi deliberatamente all’erogazione di tale misura, ha quale conseguenza, un trattamento sanzionatorio di cui al combinato disposto ex artt. 570 e 650 c.p. , argomentato anche dalle Sezioni Unite nella sentenza 31.1.2013, n. 23866, le quali ritengono il reato de qua procedibile d’ufficio (cfr. Studio legale Stefano di Salvatore Tonelli Russo).
La principale causa di tale invereconda situazione è la totale deresponsabilizzazione delle amministrazioni e la difficile individuazione del responsabile del procedimento, anche per il diniego dell’accesso agli atti posto dall’Amministrazione stessa, a danno dei lavoratori che vorrebbero risalire all’artefice del provvedimento. Purtroppo questo Paese sta andando alla deriva e solamente poche persone hanno preso coscienza di quanto sta accadendo alle persone oneste e rispettose delle leggi.

dr. Fabrizio Locurcio Responsabile Sportello del Poliziotto CONSAP

dr. Fabrizio Locurcio
Responsabile Sportello del Poliziotto CONSAP

Funerali Casamonica, ostentazione potere mafioso. Consap, Ministro Alfano ancora dubbioso su esistenza mafia nella Capitale?

Funerali Casamonica

Funerali Casamonica

È allarmante che il funerale di un esponente del clan Casamonica, coinvolto in numerose inchieste sulla criminalità romana e su Mafia Capitale, si sia trasformato, senza che nessuno si accorgesse di nulla, in una ostentazione di potere mafioso.
Quanto avvenuto a Roma – dichiara la Consap – è assolutamente inaccettabile. Ora non serve a nessuno il rimpallo delle responsabilità. La singolare cerimonia funebre dovrebbe aver fugato ogni dubbio nel Ministro Alfano sull’esistenza della mafia nella Capitale. Il tempo delle parole è finito, ora servono fatti concreti per una efficace azione di contrasto finalizzata a liberare quei settori della società e della pubblica amministrazione ampiamente inquinati dalle contaminazioni mafiose.

Giorgio Innocenzi - Segretario Generale CONSAP