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PORTO D’ARMI, la proroga di novanta giorni in Gazzetta Ufficiale, si va oltre il 31 luglio 2020

Licenza Porto d'Armi
PORTO D'ARMI, la proroga di novanta giorni in Gazzetta Ufficiale

PORTO D’ARMI, la proroga di novanta giorni in Gazzetta Ufficiale

PORTO D’ARMI PROROGA 90 GIORNI FINO AD OTTOBRE

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La proroga dei novanta (90) giorni, oltre il 31 luglio 2020, fino ad ottobre, di tutti i titoli di Polizia (certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti riabilitativi) è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n, 110 del 29 aprile c.a. (Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020). Il provvedimento segue il pacchetto “CURA ITALIA” per fronteggiare l’emergenza COVID-19.
Il Decreto in esame, in buona sostanza, aveva già prorogato i titoli di Polizia (porto d’armi) “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020”.
Con le nuove disposizioni, invece, tutte le autorizzazioni di Polizia sono prorogate nella loro validità per i 90 giorni successivi dalla cessazione stato emergenza, fissata al 31 luglio 2020, tra cui porto d’arma per difesa personale, per uso caccia, sportivo, proroga fino a fine ottobre 2020.

Decreto-Legge-18-2020-Coordinato

Decreto-Legge-18-2020-Coordinato

 

 

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Alloggi Collettivi di Servizio “posto letto”: grave situazione e disagio per molti poliziotti in servizio nella capitale, denuncia del sindacato di Polizia CONSAP e richiesta indagine ispettiva

Alloggi Collettivi di Servizio "posto letto" : denuncia del sindacato di Polizia CONSAP

Alloggi Collettivi di Servizio “posto letto” : denuncia del sindacato di Polizia CONSAP

Una grave situazione di disagio quella che da un “bel periodo di tempo” sta investendo decine e decine di poliziotti in servizio presso uffici e reparti della capitale, dove si elemosina, con diritto ad averlo, tra l’altro, un alloggio collettivo di servizio, il c.d. “posto letto” per coloro che da fuori regione, per alcuni addirittura dalle lontane isole italiane, non hanno avuto riscontro alle richieste di alloggio.
Il calvario, per gli sventurati colleghi, inizia già dal primo giorno di trasferimento o assegnazione nei reparti della città romana: il collega avente diritto per normativa di riferimento, compila una scheda informativa dove si richiede il “posto letto“, il reparto di appartenenza poi la inoltra agli uffici competenti per il rituale protocollo e da qui si finisce nel tunnel delle lunghe, lunghissime attese, dove diventa difficile perfino avere risposte allo stato della richiesta. Uno tortuoso vortice di problemi, di difficoltà manifestate dagli uffici d’interesse per assegnare l’alloggio, dove la risposta è sempre la stessa: non ci sono posti letto e siamo in attesa che si liberano, ci dobbiamo aggiornare. Una vergognosa e penosa situazione di disagio che obbliga lo sventurato collega a trovare luoghi di fortuna, chiedere a propri parenti o amici imbarazzanti cortesie o pagare addirittura alberghi o stanze in affitto a breve scadenza per il riposo tra un turno e l’altro di servizio.
Le difficoltà per il personale di Polizia arrivano sia da uffici e reparti in capo alla Questura di Roma che al Dipartimento della P.S. – il settore U.S.T.G. del Ministero dell’Interno dove sono inglobati moltissimi reparti della Polizia di Stato (Ispettorati – Direzioni – Uffici Ministero, ecc) dove la penuria di alloggi è dir poco devastante, tanto da sovraccaricare quelli di necessità per operatori in forza alla Questura.
Tra le segnalazioni più ricorrenti spicca quella del personale in servizio all’Ispettorato di P.S. Palazzo Chigi dove ben 5 (cinque) operatori aventi diritto sono alle prese da molti mesi con onerosi disagi e costretti a pagare di tasca personale luoghi per alloggiare. Ma sono tante le segnalazioni di forte e preoccupante disagio in tutta Roma.
Questa grave situazione ha indotto la CONSAP a chiedere incontro con i responsabili degli Uffici U.T.L. della Questura di Roma e del Dipartimento della P.S. (U.S.T.G.) per avere riscontro con documentazione (con carte alla mano) di cosa accade nella distribuzione e assegnazione degli alloggi e come si è generata questa condizione, che peggiora di ano in anno, nonostante si sbandierano miracolose prossime soluzioni di apposite commissioni alloggi per sanare la sistemazioni con indagini mirate, dirette a sistemare il serio problema posto letto.
Per la CONSAP si profila la necessità di avviare  urgente indagine ispettiva di tutti i posti letto assegnati nella città di Roma, capire perché molti colleghi aventi diritto non sono considerati e rimandati a lunghe attese che nei fatti rendono il loro lavoro pesante e faticoso, soggetto alle difficoltà del poco riposo, invece necessario per assolvere i delicati e sempre crescenti doveri d’ufficio e di servizio.

Controllo del territorio, programma di revisione e rimodulazione: esito incontro con il Questore di Roma dr Esposito

Incontro con il Questore di Roma: controllo del territorio, programma di revisione e rimodulazione

Incontro con il Questore di Roma: controllo del territorio, programma di revisione e rimodulazione

Si è svolto nella giornata di ieri mattina, il programmato incontro tra le segreterie provinciali di Roma dei sindacati della Polizia di Stato e il Signor Questore di Roma dr Carmine Esposito . Oggetto della convocazione nella Sala Prisco Palumbo di via San Vitale, il programma di revisione e rimodulazione del servizio di controllo del territoriodecentramento. Per la Questura di Roma presente anche il dr Massimo Improta, Dirigente dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico (U.P.G.S.P), il Capo di Gabinetto dr Alfredo Matteucci, il dr Ugo Angeloni , il Vice Capo di Gabinetto e Responsabile delle Relazioni Sindacali dr Marco Germani.

Il Signor Questore informava ai presenti, nel suo discorso, una nuova progettualità per rendere più efficiente e rispondente alle mutate esigenze di servizio le attività di controllo del territorio romano, con una strategia geografica d’intervento più veloce, con meno spese economiche per l’Amministrazione, più forza in presenza sicurezza (non si riducono il numero delle volanti), riferendosi alla divisione in numero 3 Poli la Sezioni Volanti di Roma:
1) il Polo Guido Reni che sarà poi quello centrale (con il maggior numero di uffici burocratici per gli adempimenti amministrativi e gestione personale);
2) il Polo Prenestino – Salviati che risulta essere già dotato di molte delle cose necessarie per lo svolgimento delle attività di gestione e controllo del Reparto Volanti (custodia mezzi, mensa di servizio, rifornimento benzina, manutenzione veicoli, alloggi di servizio, bagni e doccia, ecc). Questo nuovo Polo dalle risultanze avute potrebbe essere pronto già per il mese di ottobre o al massimo per la fine anno;
3) il Polo Tor Carbone da previsione stimata, invece, pronto per il prossimo anno. La struttura è tra le più grandi che esistono attualmente (dotata di garage, alloggi, ecc, ma non presente il rifornimento per la benzina).
Il criterio di assegnazione ai nuovi Poli sarà quello della volontarietà del personale.

Il Signor Questore informava i presenti, inoltre, che nel piano di revisione di potenziamento della Questura di Roma è programmato implemento di personale di 140 unità, da “spalmare” tra luglio 2019 e aprile 2020 (tra ruolo AG.TI/SOV.TI) con la logica di potenziare i 10 Commissariati che negli anni hanno subito più decremento.

Informava ancora che la procedura con “MOD” Moduli Operativi Dedicati ha raggiunto già l’ottima riuscita con 24 Commissariati e che in breve tempo sarà destinata ad aumentare, che il nuovo modello di sicurezza, basato anche sulle segnalazioni dei cittadini, ha già portato una flessione, in alcuni casi e zone, del 50% dei reati. In previsione la rimodulazione dei Presidi di Polizia  e il rafforzamento con il piano che sarà approvato dal Ministero dell’Interno. La CONSAP ha ricordato e sollecitato il nuovo Presidio Polizia a Tiburtina – complesso Achille Tedeschi.
Nelle zone intorno al GRA, operativo un Modulo Operativo Dedicato Rafforzato con ausilio delle specialità della Polizia di Stato, pattuglie della Polizia Stradale e intervento della Polizia Ferroviaria.

La CONSAP, rappresentata dal Segretario Generale Provinciale GUERRISI ha condiviso la progettualità illustrata dal Signor Questore nel suo insieme, ma in riferimento alle modalità attuative ha espresso delle riserve da sciogliere solo dopo aver consultato il proprio personale iscritto e operante nel settore e da dove nascerà il giudizio CONSAP definitivo al progetto.

Reparti Prevenzione Crimine, anomalo impiego e non conforme al decreto istitutivo, la CONSAP scrive al Direttore Ufficio Relazioni Sindacali del Dipartimento della P.S.

Reparti Prevenzione Crimine - Richiesta incontro con il Direttore dell'Ufficio Relazioni Sindacali del Dipartimento della Pubblica Sicurezza al Ministero dell'Interno

Reparti Prevenzione Crimine – Richiesta incontro con il Direttore dell’Ufficio Relazioni Sindacali del Dipartimento della Pubblica Sicurezza al Ministero dell’Interno

La Segreteria Nazionale della CONSAP ha richiesto, con nota formale a firma del Segretario Generale Nazionale Elisabetta Ricchio, un incontro con il Direttore dell’Ufficio Relazioni Sindacali del Dipartimento della Pubblica Sicurezza al Ministero dell’Interno per rappresentare le grave e persistente problematica legata all’anomalo impiego di personale dei Reparti Prevenzione Crimine in netto contrasto con il decreto del Capo della Polizia che li ha istituiti.
Le segnalazioni giunte da più parti del territorio nazionale rappresentano l’evidente stortura d’impiego nei servizi dei nuclei R.P.C. utilizzati, frequentemente, per fronteggiare generiche esigenze d’ufficio di alcune Questure in urto con le peculiarità del Reparto, composto da specialisti, formati da corsi altamente professionali e molto costosi per fronteggiare le esigenze operative contenute nel decreto.
Si resta in attesa di comunicare giorno e esito dell’incontro.

Taser e altri storditori elettrici, “in Italia al solito siamo allo sbando legislativo…” il parere del dr Edoardo Mori

La pistola Taser già in uso ad alcune Forze di Polizia estere

La pistola Taser già in uso ad alcune Forze di Polizia estere

La CONSAP – Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia ha chiesto al dr Edoardo Mori, tra i massimi esperti sulla legislazione delle armi, un parere sull’utilizzo della pistola Taser anche per i poliziotti italiani.

Dr Mori . Chiariamoci le idee in materia di strumenti che provano spasmo muscolare mediante una scarica elettrica o, come li ha chiamati il nostro legislatore, “storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione“.

Il decreto legislativo 204/2010 li ha classificati fra le armi proprie. La Cassazione, che una ne pensa e dieci ne sbaglia, ha insistito nello scrivere  che si tratta di armi comuni da sparo! Con tutta evidenza non ha mai capito che la legge 110 1975 mette fra le armi da sparo solo quelle da fuoco e, in via eccezionale, per assimilazione, quelle ad aria compressa. Inoltre per  la direttiva europea vecchia e nuova  si intende per «arma da fuoco» qualsiasi arma portatile a canna che espelle, è progettata per espellere o può essere trasformata al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l’azione di un combustibile propellente. In questi strumenti a scarica elettrica mancano una canna  e una cartuccia e quindi non potranno mai rientrare fra le armi da sparo.

Quindi, arma sì, arma da sparo mai.

Vi sono due tipologie di strumenti:

Quelli Taser, a forma di pistola in cui due aghi collegati ciascuno con un sottile filo elettrico, lungo fino a 15 metri nella versione per polizia (circa 5 metri per i privati), vengono sparati mediante una carica di aria compressa contro il bersaglio che deve essere colpito da entrambi, un po’ distanziati  i fili trasmettono una scarica elettrica che attraversa il corpo umano tanto più ampiamente quanto più gli aghi sono distanti. La carica è ad elevata tensione e amperaggio sufficiente a provocare forti crampi muscolari e la caduta a terra della persona colpita.

Quelli detti electroshocker, a forma di parallelepipedo impugnabile, che recano la parte anteriore stretta due elettrodi distanziati di qualche centimetro l’uno dall’altro (si calcola un cm ogni 100.000 volt); se si attiva lo strumento si vede la scarica che passa da un elettrodo all’altro; se lo strumento è appoggiato al corpo umano la scarica passa da un elettrodo all’altro, ma dentro il corpo e provoca così una contrazione dolorosa del muscolo colpito.

Mentre per i Taser ormai vi è la certezza che si tratta di armi bianche vere e proprie in quanto provocano una temporanea incapacità totale della persona colpita e talvolta anche la sua morte per tachicardia e fibrillazione cardiaca. Molto dipende dai punti tra cui si verifica la scarica e dalla condizione fisica della persona colpita. Non avrebbe alcun senso usare un Taser a bassa potenza perché esso non sarebbe in grado di fermare un aggressore a distanza il quale, se non gettato a terra, continuerebbe ad avvinarsi o a fuggire.

Gli electroshocker sono costruiti con diverse potenze fino  1.2 millioni di Volt  e 14 Ampère e non vi è dubbio che al di sopra di una certa potenza rientrano anch’essi fra le armi proprie e son pericolosi quanto e più di un Taser. Molti Stati hanno quindi adottato norme per regolare il loro uso da parte dei civili.

Se prendiamo l’esempio della Germania si vede che fin dal 1977 essi sono considerati armi, salvo i tipi approvati BTB (Physikalisch-Technische Bundesanstalt), sigla a noi noto perché è quella che certifica le armi ad aria compressa liberalizzate.

Questo ente li approva se non sono idonei a provocare danni permanenti alla salute e non possono impartire una scarica che duri oltre i 10 secondi. Lo strumento può essere venduto solo maggiorenni e portato solo con una licenza speciale specifica e può essere impiegato soltanto per legittima difesa.

Di fatto in Germania sono approvati con una potenza massima di 500.000 Volt, ma se ne trovano da 200.000 e da 100.000, ben poco efficaci.

Gli effetti di quello più potente sono i seguenti: la scarica riesce a penetrare anche attraverso indumenti di un certo spessore e di cuoio, ma ovviamente l’effetto si riduce; il massimo effetto si ha con il contatto diretto sulla pelle. L’effetto inoltre è collegato alla durata del contatto. Con un contatto fino a due secondi si ha un crampo muscolare che, ad esempio, può far lasciare la presa su di un braccio o al collo o da far mollare un coltello. Con un contatto fino a quattro secondi la persona colpita in un posto sensibile soffre un forte shock, è stordita e può persino cadere. Con un contatto fino a 10 secondi il soggetto subisce un forte shock, è disorientato, non riesce a muovere la parte colpita e si può agevolmente scappare.

Si tenga presente che l’effetto sorpresa influisce molto sullo sconcerto della aggressore e che è necessario cercare di colpire parti sensibili come le parti molli, la bocca, gli occhi, il naso, il collo; una scarica sulla spalla e sull’anca possono immobilizzare l’arto colpito.

Il vero problema è quindi quello della durata del contatto; siccome questi strumenti sono abbastanza voluminosi è difficile nasconderli all’avversario e se questi è preparato, al primo contatto si scosta e perciò il tempo di scarica si deduce al massimo ad un secondo. In Internet vi sono filmati di persone che si scaricano 500.000 V sul braccio con il solo effetto di un suo modesto crampo! Per difesa privata è uno strumento sciocco, di uso scomodo, non portabile in tasca, non usabile di sorpresa, che può essere facilmente evitato dall’aggressore; molto meglio la bombolette al peperoncino che costano un decimo.

In Italia al solito siamo allo sbando legislativo. È vero che il legislatore questi arnesi li ha inseriti tutti, senza distinzione, fra le armi proprie, ma avrebbe avuto l’obbligo di stabilire oltre quale voltaggio ci si possono attendere danni alla salute, e quando si è di fronte ad un giocattolo e non ad un’arma, così come ha fatto quando ha liberalizzato gli spray al peperoncino.

Qualcuno, Ministero dell’Interno compreso, pensa che la valutazione sulla idoneità ad offendere sia stata attribuita al Banco di prova, e lo crede lo stesso Banco di prova che si è messo a dar valutazione in materia manganelli! Nulla di più sbagliato: il decreto legislativo 29 settembre 2013 numero 121 ha attribuito al Banco la competenza in materia di armi e strumenti ad aria compressa e non certo su altri strumenti atti ad offendere come coltelli, forbici e punteruoli! Del resto la valutazione sulla lesività è materia di competenza della medicina legale e non di meccanici.

La circolare del 28 luglio 2014 per spiegare il decreto legislativo ha preso quindi una grossa cantonata.

Qualche ditta  ha richiesto pareri a periti ed uno di Torino avrebbe risposto che ”l’esperienza di utilizzo pluriennale e gli studi sperimentali svolti negli Stati Uniti, condotti su stimolatori analoghi a quelli in esame, ma con repetition rate di circa 29 Hz hanno dimostrato una ridotta o nulla pericolosità di questi dispositivi in caso di utilizzo su persone e/o animali.”

L’affermazione è corretta, ma di fronte alla statuizione normativa per cui questi strumenti sono tutti armi proprie, manca una norma che consenta a chicchessia,  Banco compreso, di fare una valutazione di idoneità o meno ad offendere, come richiesto dalla legge.

In conclusione la situazione è questa: è inutile arrampicarsi sugli specchi, il legislatore considera tutti gli strumenti da elettrocuzione come armi proprie, solo una norma specifica contenuta in una legge può derogare a questo principio; non c’è bisogno di impiantare commissioni di esperti perché basta attenersi a quanto hanno già accertato altri Stati.

Veniamo ora al problema della adozione di questi strumenti non letali da parte delle forze di polizia.

Quella di essere dotati di mezzi non letali per affrontare violenti, da soli o in gruppo, è un’esigenza molto sentita dalle forze di polizia. Ed è veramente il frutto di una politica schizofrenica il mettere un agente dell’alternativa di sparare, uccidere, perdere il posto, magari essere condannato a pagare i danni, oppure prendersi sassate, bastonate e bombe molotov. È una cosa schizofrenica l’aver affermato il principio che per bloccare un ubriaco violento bisogna essere esperti di arti marziali, rischiare di prendere calci, essere almeno tre, quando vi sono tanti mezzi efficaci ed innocui. Io, nel mio piccolo, mi sono convinto che per la carriera dei politici è meglio che muoia un poliziotto piuttosto che un dimostrante mascherato e armato di ordigni esplodenti da guerra.

Nel valutare l’armamento della polizia non si deve stabilire se l’arma non letale sia più o meno dolorosa o pericolosa, ma solo se sia preferibile ad un’arma sicuramente letale ed impiegabile solo in casi estremi. Ovvio quindi, se si potessero curare i disturbi mentali e politici, che i pallettoni di gomma, le bombolette al peperoncino, gli storditori elettrici ed altre cose simili sono preferibili senza dubbi ed esitazioni.

Un bell’esempio invece, della volontà di non affrontare il problema era contenuto nel decreto-legge 22 agosto 2014 numero 119 in cui si stabiliva che :

Art. 8 comma 1-bis. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Amministrazione della pubblica sicurezza avvia, con le necessarie cautele per la salute e l’incolumità pubblica (oh bella! volevano fare esperimenti sul pubblico o non gas velenosi?) e secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute, la sperimentazione della pistola elettrica Taser per le esigenze dei propri compiti istituzionali, nei limiti dì spesa previsti dal comma 1, lettera a).

Altro che 30 giorni, sono passati tre anni e non se n’è fatto nulla! E, siccome il Taser non lo hanno inventato gli italiani, e siamo gli ultimi ad avere problemi sulla sua adozione, proprio non si capisce che cosa ci fosse da sperimentare. La scienza internazionale ha già sperimentato ampiamente; fin dal 2009 si può leggere il volume di Kroll e altri TASER® Conducted Electrical Weapons: Physiology, Pathology, and Law. L’importante studio Sigitas Laim ed altri, The effect of conducted electrical weapons on the human body, in Acta medica Lituanica, 2, 2014 ha concluso che “Lo stress presente nel corpo, una malattia sistemica e la presenza di sostanze chimiche nel corpo modificano la risposta del corpo ad impulsi elettrici che aumentano direttamente il rischio di aritmia cardiaca causa lo sviluppo di fibrillazione ventricolare e la probabilità di morte cardiaca improvvisa. Si raccomanda ai funzionari che usano armi elettriche che nel luogo dell’evento ci sia personale medico qualificato (ambulanza) in grado di fornire il primo soccorso in caso di complicazioni dopo l’uso dell’arma

Di recente sull’importante American Journal of Forensic Medicine & Pathology, giugno 2015 è comparso uno studio sperimentale su esseri umani  dal titolo Electromuscular Incapacitating Devices Discharge and Risk of Severe Bradycardia in cui si valuta il rischio cardiaco della  scarica da Taser, rischio esistente, ma non letale se non in casi molto particolari. Sicuramente molto minore del rischio di un colpo di pistola!  Che cavolo possiamo mai sperimentare di diverso in Italia? La situazione di fatto è nota ed  il rischio da assumere pure; si tratta solo di decidere come hanno già fatto tanti Stati, senza attendere di trovare il modo su come mangiare sui Taser, così come è avvenuto per i braccialetti elettronici (in Germania il controllo sui detenuti rilasciati  è affidato a ditte private al costo di 20 euro per persona, fornitura del braccialetto compresa; quanto ci costa in Italia?).

Ovvio poi che ci vuole da parte dei politici quel minimo di capacità e di coraggio per stabilire con chiarezza quali sono i doveri e poteri dei poliziotti, i quali non devono dover tremare per inconsulte iniziative di PM sciocchi e. ancor più importante, quali sono i doveri dei cittadini di fronte alla polizia! Ho visto in stati confinanti, noti per la loro civiltà, che i poliziotti pretendono dai cittadino la massima educazione e il massimo rispetto e, se la trovano, sono altrettanto rispettosi. Ma sono severissimi e decisi contro i prepotenti, i violenti, i disturbatori della pace sociale e tutti coloro che pensano di avere solo diritti e non avere ma doveri.

 

Edoardo Mori

Edoardo Mori: Ex Giudice di Cassazione, si occupa da sempre di armi. Esperto cacciatore, conoscitore di armi antiche e ancor più esperto della normativa in vigore è un importante punto informativo sempre aggiornato sulle novità legislative del nostro Paese. Articolista per le maggiori pubblicazioni di settore come Diana Armi, Armi e Tiro, Tac Armi.
Autore del sito web Enciclopedia delle Armi con 4 milioni di visitatori.

 

 

Armi, imposta di bollo, “la Scienza del Marconi!…”, (in ricordo dell’amico e Maestro Ispettore Girolamo Guerrisi)

Armi, imposta di bollo, "la scienza del Marconi!...", (in ricordo dell’amico e Maestro Ispettore Girolamo Guerrisi)

Armi, imposta di bollo, “la scienza del Marconi!…”, (in ricordo dell’amico e Maestro Ispettore Girolamo Guerrisi)

A Pisa, quando un falso problema viene risolto subito e bene si usa l’espressione non ci voleva la scienza del Marconi” !…; in parole semplici, per risolvere tante situazioni, che possono apparire problematiche, non occorre essere grandi scienzati.
Stranamente, invece, per il Ministero dell’Interno, e più in generale per la P.A., sembra che una tale scienza sia sempre necessaria anche per risolvere le questioni più semplici.
Riscontriamo la riprova di tale necessità  nella circolare del 10 febbraio 2017, relativa alla Imposta di bollo per la variazione in detrazione di armi dalla licenza di collezione di armi comuni da sparo. Chiarimenti.
Dopo uno studio approfondito, non disgiunto dal conforto del parere dell’Agenzia delle Entrate, viene, finalmente, concesso al collezionista di armi di depennarle dalla licenza senza l’obbligo di pagare Euro 16 di bollo per la richiesta ed altre Euro 16 per l’aggiornamento della licenza.
Possiamo comprendere e giustificare il Ministero che, prima di prendere una decisione ed emettere una circolare, voglia essere certo di aver rispettato ed interpretato correttamente leggi e regolamenti, ma non riusciamo a capire come questo studio, per quanto possa essere approfondito, debba durare 11 anni!….
Non è un errore di battitura; sono 11 anni, perché tale studio è iniziato ufficialmente nel 2006, con la circolare con la quale si affrontava la stessa problematica, risolvendola, ci sia concesso l’eufemismo, con la riserva di interessare l’Agenzia delle Entrate e con la contestuale salomonica  seguente decisione: “nelle more le SS. LL. continueranno ad esigere l’imposta di bollo anche per la variazione in detrazione”!…
Non vogliamo annoiare il lettore con argomentazioni che dimostrano come tale ennesimo balzello fiscale non avesse nessun fondamento logico/giuridico (per approfondimenti “Rivista di Polizia”, marzo 2016, Licenza di collezione di bolli. Questione di bolli.; nel sito del dott. Mori www.earmi.it Licenze di collezioni e bolli), ma non possiamo nascondere che 11 anni di tempo per studiare/decidere non dimostrano, nella pratica, la tanto reclamizzata efficienza della P.A.!…
Due possono essere le cause di tale ritardo: o il Ministero, sollecitato dall’Agenzia delle Entrate, ha deciso di soprassedere alla soluzione del problema al solo fine di fare cassa, o lo stesso ha chiuso in un cassetto la relativa pratica, perdendone la chiave.
Su quest’ultima ipotesi abbiamo dei fondati dubbi. Infatti, tale problematica è stata sollevata più volte, nel corso di tutti questi anni, anche dagli stessi uffici interessati, come riportato nella premessa della circolare in commento.
In merito a questi tentativi di ricordare/sollecitare una decisione ministeriale corre l’obbligo, anche morale, di evidenziare come il nostro compianto amico e maestro Ispettore Girolamo Guerrisi, avesse formalmente inviato richieste di delucidazioni a tutte le Autorità competenti in materia, nessuna esclusa!.., compresi i rispettivi Sigg. Ministri, anticipando la soluzione adottata con la recente circolare.
Purtroppo Guerrisi ci ha lasciati senza la soddisfazione di avere una semplice risposta, anche interlocutoria, nonostante gli argomentati solleciti, alla faccia degli sbandierati/reclamizzati nuovi rapporti tra P.A. e cittadino.
Nonostante l’Ispettore Guerrisi si sia sempre considerato, e così è stato, un servitore fedele dello Stato, dispiace che non abbia avuto in vita il riconoscimento del diritto costituzionale di pagare le tasse stabilite solo dalle leggi, ma non da circolari.
L’amico e maestro Girolamo mi ricordava spesso che Flaiano ha scritto che l’Italia è la culla del diritto; ci dorme tanto bene che non si sveglia!…
Che sia così anche per il Ministero dell’Interno?…..
.
Caro Girolamo, ormai da “lassù” ti sembrerà tutta una semplice farsa inutile, ma ti ricordo che, per chi è ancora “quaggiù”, continua ad essere veramente un dramma !….

 

dr. Angelo Vicari

Dr Angelo Vicari
Dirigente della Polizia di Stato a.r.
Esperto Giuridico – Diritto delle Armi

 

Burka sì, Burka no, il parere del dr. Edoardo Mori

Burka sì, Burka no, il parere del dr. Edoardo Mori

Burka sì, Burka no, il parere del dr. Edoardo Mori

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un commento dell’illustre giurista Edoardo Mori, relativo all’uso del burka, esaminando l’aspetto di diritto e quello che è opportuno fare.

Il  problema dell’uso o divieto del burka, deve essere valutato sotto due profili:
– ciò che dice il nostro diritto (valutazione dei jure condito);
– ciò che è opportuno e possibile fare (valutazione politica de jure condendo).
Il problema di diritto è generale se si affronta l’argomento di quali limiti si possono imporre a riti religiosi che contrastano con norme dello stato italiano o con l’ordine pubblico  (nozione questa ormai superata e valida solo rispetto ai tempi in cui si decide; una volta serviva per affermare che il divorzio doveva essere vietato, ora è stata invocata per i matrimoni gay!). È particolare se si cerca ciò che la legge ha stabilito fino ad ora.
Due problemi sono stati portati all’esame dei giudici: quello del porto del coltello rituale (kirpan) dei Sikh e la disposizione del Regolamento di PS, art 289 , secondo cui la foto sulla carte di identità, quindi sulla patente deve essere e a mezzo busto e senza cappello.
Il problema del coltello dei Sikh è stato affrontato male dai giudici perché quando nel 2009 i giudici di Cremona vennero chiamati a decidere, essi ritennero che il kirpan fosse un coltello e non un pugnale, come invece all’epoca era costante giurisprudenza della Cassazione (ora è cambiata e il kirpan va classificato, per la legge italiana, come un coltello) e dissero che per un Sikh costituiva giustificato motivo il portarlo; ma se all’epoca esso era un pugnale, che cosa c’entrava il giustificato motivo? Vi era un divieto di porto assoluto ed insuperabile; sarebbe un po’ come se un cristiano pretendesse di andare in giro con un pugnale con impugnatura a crocefisso in forza della sua fede!
Ma i giudici di Cremona volevano assolvere e si sono lanciati in affermazioni fantasiose quali : il porto di quel pugnale costituisce un segno distintivo di adesione ad una regola religiosa e, quindi, una modalità di espressione della fede religiosa, garantita dall’art. 19 Cost. oltre che da plurimi atti internazionali. Sta di fatto che la libertà religiosa non consente davvero atti illegali e che i “plurimi atti” se li sono inventati.
Successivamente il Consiglio di Stato, nel 2010 e nel 2012, ha negato il riconoscimento di associazioni di culto sikh perché in esse  vi era la regola vincolante del porto del kirpan e il divieto per le donne di divorziare (permettetemi di rilevare la sciocchezza di questa seconda affermazione: è vero che è garantita la parità fra i sessi, ma ciò non vieta che una donna o un uomo, volontariamente vi rinuncino; spesso si dimentica che la libertà individuale deve restare il principio supremo).
Sostanzialmente però la decisione di vietare il porto di un coltello in via permanente è corretta in base al diritto vigente: il giustificato motivo che consente il porto di uno strumento atto ad offendere è per sua natura legato a situazioni occasionali e temporanee (quando si fa una escursione, quando si va a caccia o pesca o a funghi, quando il cuoco si sposta con i suoi coltelli, quando si esce di casa per fare un lavoretto manuale ecc.) e non si può ipotizzare un giustificato motivo permanente. Significherebbe infatti attribuire ad una categoria di persone  una posizione privilegiata permanente.
Del resto il problema è facilmente superabile ove si consideri che nulla vieta di portare un kirman privo di filo e di punta.
Il problema della foto a testa nuda è nato anch’esso in relazione ai Sikh e ad altre religioni che impongono la copertura del capo con turbanti o veli. Il Ministero dell’interno, che una ne pensa e due ne sbaglia, aveva ceduto alle pretese di questi signori e aveva stabilito con circolare n. 4/95 del 14 marzo 1995, che bastava che il volto fosse scoperto; con altra circolare del 24 luglio 2000 il Ministero ha precisato che il turbante, il chador e il velo, imposti da motivi religiosi,” sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono, nel loro insieme, ad identificare chi li indossa, naturalmente purché mantenga il volto scoperto” e pertanto tali accessori sono ammessi, anche in ossequio al principio costituzionale di libertà religiosa, purché i tratti del viso siano ben visibili. Faceva l’acuta osservazione che se il regolamento vieta il cappello, non era vietato il velo! Avrebbe potuto rilevare che le suore vengono ritratte per l’appunto con il velo.  Ma perché allora prendersela con il povero cappello?
Non si erano resi conto che se la foto serve per identificare una persona, è necessario valutare l’insieme generale (viso, capelli, forma della testa, forma delle orecchie, ecc.); basti pensare come sia difficile riconoscere una persona che si è sempre vista con il cappello o il berretto militare, e viceversa.
Ed infatti  la Corte Europea dei diritti dell’uomo del ricorso nr.  24479/07 deciso il 13 novembre 2008  presentato da Shingara Mann Singh contro la Francia, che aveva giustamente negato il diritto ad avere solo mezza foto sulla patente,  ha negato che sussista un diritto a farsi fotografare con il turbante. La Corte sottolinea che la regolamentazione contestata si è mostrata più esigente in materia a causa dell’aumento dei rischi di frode e di falsificazione delle patenti di guida e aggiunge:  Tuttavia, l’articolo 9 della Convenzione sui diritti umani non protegge qualsiasi atto motivato o ispirato da una religione o convinzione . Inoltre, non garantisce sempre il diritto di comportarsi nel modo dettato da una convinzione religiosa e non conferisce agli individui che agiscono in tal modo il diritto di sottrarsi a norme che si sono rivelate giustificate. La Corte ricorda che la Commissione, investita da un ricorrente sikh che criticava la sua condanna per infrazioni all’obbligo fatto ai conducenti di motociclette di portare un casco di protezione, aveva considerato che il portare obbligatoriamente un casco di protezione era una misura necessaria per i motociclisti, e che l’ingerenza nell’esercizio del diritto alla libertà di religione era giustificata per la tutela della salute dell’interessato.
Dopo aver posto queste basi teoriche sul problema  generale, passiamo al caso particolare del mascheramento. Esso è regolato da due norme:
L’art. 83 del TULPS: È’ vietato comparire mascherato in luogo pubblico. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa  da euro 10 a euro 103. È vietato l’uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l’osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall’autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto;
L’art. 5 della L. 22 maggio 1975, n. 152: È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo.  È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino. Il contravventore è punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro. Per la contravvenzione di cui al presente articolo è facoltativo l’arresto in flagranza.
La Cassazione ha così precisato, in modo costante, il contenuto della prima norma : L’art 85 comma primo della legge di pubblica sicurezza vieta a chiunque di comparire mascherato in luogo pubblico nel terzo comma poi, si vieta l’uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l’osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall’autorità locale di ps con apposito manifesto. La prima disposizione ha carattere assoluto, essendo diretta ad impedire che mediante il mascheramento, che può attuarsi anche nella forma del travestimento della persona in abiti femminili, possano compiersi azioni criminose o illecite, tra le quali vanno indubbiamente annoverate quelle contro il buon costume, rientrante nell’ordine pubblico che la legge intende appunto tutelare. Relativo, invece, e il carattere dell’altra disposizione, poiché consente soltanto in casi eccezionali e con modalità espressamente stabilite, l’uso della maschera vera e propria quella cioè che copra il viso e che e cosa ben diversa dal travestimento o dal travisamento.
La legge 152/1975 si è limitata ad ampliare il divieto del mascheramento anche nei luoghi aperti al pubblico e a preveder espressamente  il mascheramento a mezzo casco.
In conclusione non vi è dubbio che allo stato della legislazione sia proibito l’uso di indumenti che non consentono il riconoscimento della persona e, in special modo di quelli che coprono il viso in tutto o in parte.
Trattasi ora di valutare se questa conclusione venga a ledere il diritto alla religione nel momento in cui si vietano condotte richieste dalla fede.
La risposta è però alquanto facile; la libertà di religione è solo uno dei molti precetti costituzionali e non fra i più importanti: anch’esso deve essere esercitato nel quadro dei principi generali della Costituzione e in equilibrato rapporto con gli altri diritti. Se la legge ritiene di vietare certe condotte perché dannose, asociali, contrarie al principi di parità ed eguaglianza (ad es. inferiorità della donna), alle radici culturali di un popolo (ad es. monogamia), non vi è contrasto con la Costituzione in nome della libertà di  una religione che può anche avere una impostazione incostituzionale (razzismo, plagio o circonvenzione dei proseliti, collusione con potenze straniere, spregio della vita umana, spregio per gli animali, spregio per il paese ospitante e i suoi interessi, ecc.).
Non credo proprio che vi sia nulla di incostituzionale nel vietare condotte già vietate in via generale dalla legge che le ha ritenute pericolose o dannose o nell’introdurre nuove norme ravvisando nuovi motivi di incompatibilità con la nostra civiltà.
Il problema di questa nuova normativa (e qui esaminiamo l’aspetto de jure condendo) è vasto e all’attenzione di tutti i paesi  civili (in altri paesi e in particolare proprio in quelli  da cui provengono coloro che pretendono di conservare i loro culti tribali o medievali il problema non si pone perché è proprio la loro religione a non tollerare altre fedi).
I riti religiosi primitivi (e sono primitivi anche se in uso da millenni) possono essere cruenti, degradanti, o imposti a bambini e giovani incapaci di opporsi.  Forte ad esempio è l’opposizione ai metodi di uccisione tradizionale degli animali. In Polonia non è più legale la macellazione rituale, caratteristica dell’ebraismo e dell’islam. La Corte Costituzionale ha stabilito a gennaio che le pratiche kosher e halal rappresentano una violazione dei diritti non in linea con gli standard, anche europei, sull’abbattimento degli animali. Negli Stati Uniti si cerca di vietare  la circoncisione praticata ancora da sette ortodosse e che prevede che il celebrante succhi il sangue dal pene del  bambino, spesso provocandogli infezioni. L’ONU stessa ha dovuto intervenire contro la pratica dell’infibulazione.
È quindi chiaro che ogni paese ha dei canoni morali, etici, giuridici che sono ben più importanti, nella scala dei diritti, del diritto alla libertà di religione il quale è nato per impedire conversioni forzate o discriminazioni degli “infedeli” e non certo per consentire ad ognuno di affermare che in nome della religione può mettersi contro l’ordine sociale in cui vive. Se la nostra cultura è riuscita a stabilire che la chiesa cattolica non può scampanare quando e come vuole, ma deve rispettare le norme sull’inquinamento acustico, sarebbe evidentemente un assurdo affermare che un muezzin può schiamazzare con l’altoparlante dal suo minareto, in nome della sua religione o che chi professa la fede nudista, può girare nudo per la città.
Le società occidentali hanno sì affermato il principio della libertà di religione, ma in quanto essa deve essere e restare una cosa intima e personale; è anche un diritto di tutti coloro che hanno altre fedi, di non essere molestati dalle fedi altrui. Aveva ben espresso il concetto il filosofo illuminista Pierre Bayle quando disse non credo alla mia religione, che è l’unica vera, figurasi se posso credere a quella degli altri!
Inoltre i riti con sui si esplicano le fedi, sono una cosa diversa dalla fede stessa; una fede resta immutata nei secoli in quanto essenziale, i riti sono accidentali e devono adeguarsi al corso della civiltà, come ha sempre ben dimostrato di saper fare il cristianesimo. Se non fosse così avremmo ancora riti dell’uomo di Neanderthal  e il cannibalismo sacro! La nostra civiltà si è allontanata dall’oscurantismo; sarebbe tragico se facessimo passi indietro.


dr. Edoardo Mori

Il dr. Edoardo Mori, autore dell’articolo

 

 

Armi, imposta di bollo sulla variazione delle licenze di collezione di armi comuni, la CONSAP scrive al Dipartimento della P.S.

Armi, imposta di bollo sulla variazione delle licenze di collezione di armi comuni, la CONSAP scrive al Dipartimento della P.S.

Armi, imposta di bollo sulla variazione delle licenze di collezione di armi comuni, la CONSAP scrive al Dipartimento della P.S.

Con una missiva inviata al Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Ufficio per l’Amministrazione Generale, Ufficio per la Polizia Amministrativa e Sociale – Area Armi ed Esplosivi, la CONSAP ha chiesto di conoscere se, dopo ben 10 anni, ci sono state variazioni alla circolare del 13 febbraio 2016 nr. 557/PAS.755-1017(3) che impartisce direttive circa l’applicazione della tariffa dell’imposta di bollo nella misura di euro 14,62, stabilendo (come recita la circolare stessa nella parte finale) nel caso di variazioni “in detrazione”, ossia per la cancellazione delle armi dalla raccolta, il momento valutativo appare attenuato…questo Dipartimento ha interessato la competente Agenzia delle Entrate per verificare se l’imposta sia dovuta anche in tale circostanza, per cui si fa riserva di successive istruzioni. 
Proprio il finale “per cui si fa riserva di successive istruzioni” fa innestare la ragionata ricerca di questa Organizzazione Sindacale a voler conoscere se dopo 10 anni ci sono sviluppi, bel valutando, ad obiettivo esame, che sussistono violazioni al principio costituzionale (ex art. 97), nonchè (ex multis) del Decreto del Ministero delle Finanze del 20 gennaio 1992 che ridisciplina l‘IMPOSTA DI BOLLO.
Inoltre, a rigor di logica e di norma, si tratta di ATTO DOVUTO che, come è noto, non assoggettabile ad alcuna imposta, trattandosi di comunicazione obbligatoria ( ex art. 58 del Regolamento di Esecuzione al Testo Unico delle Leggi di P.S. – R.D. 6 maggio 1940, n. 635).
Si resta in attesa di conoscere la risposta del Dipartimento della P.S. alla nostra missiva, per poi attivare le procedure previste e riconosciute dalle normative vigenti, per interessare i competenti settori del Dipartimento Funzione Pubblica – Presidenza del Consiglio dei Ministri, Agenzie delle Entrate.

Il Blog di Beppe Grillo pubblica la questione dell’Agente di Polizia e lo stipendio di 1 euro, quando si dice umiliazione nell’umiliazione

Il Blog di Beppe Grillo pubblica la questione dell'Agente di Polizia e lo stipendio di 1 euro, quando si dice umiliazione nell'umiliazione

Il Blog di Beppe Grillo pubblica la questione dell’Agente di Polizia e lo stipendio di 1 euro, quando si dice umiliazione nell’umiliazione

“Pugno di ferro o mancanza di buon senso. Ecco cosa ha portato un poliziotto romano di 52 anni, padre di tre figli, a trovare questa terribile sorpresa sul suo statino paga: “stipendio del mese di aprile netto a pagare euro 1“. La vicenda, che ha dell’incredibile, nasce perché il poliziotto aveva un debito verso la sua amministrazione. Un debito involontario, nato dal fatto che in questi ultimi mesi gli erano state accreditate somme in più nello stipendio, somme di cui il dipendente non si era accorto. Debito che il Dipartimento della pubblica sicurezza, una volta individuato , avrebbe potuto dilazionare, come chiesto dal sindacato di polizia Consap che era intervenuta per evitare quello che poi è successo. Contro ogni logica ,però , si è optato per addebitare la somma in un’unica botta. E adesso ci si chiede come farà, questo padre di famiglia senza stipendio per un intero mese! E poi maggio è il mese delle prime comunioni anche per i figli dei poliziotti….
E così uno dei tre figli dell’operatore di polizia farà la prima Comunione a breve, ma a causa di questa assurda vicenda, il pranzo organizzato per festeggiare l’evento è stato, per forza di cose cancellato. Una umiliazione nell’umiliazione che difficilmente la famiglia potrà dimenticare! Giorgio Innocenzi, segretario generale della Consap commenta duro: “si tratta di una vicenda che oltre a gettare nello sconforto un collega di oltre 50 anni con tre figli, pone l’accento sulla scarsa considerazione che il Ministero dell’Interno nutre verso i suoi lavoratori, schiacciati da una macchina burocratica contro la quale nessuno appare in grado di fare nulla”. I colleghi stanno adesso provvedendo ad aiutare il collega ad affrontare il mese, con una gara di solidarietà.
Ma questa è solo la punta di iceberg di una Amministrazione che stenta a venire incontro ai bisogni più elementari e urgenti dei suoi dipendenti. Come le ritardate o mancate aggregazioni e i trasferimenti per avvicinare i poliziotti ai familiari gravemente malati o alle mogli in gravidanza a rischio. O ancora un regolamento disciplinare, vecchissimo, che prevede la punizione con la decurtazione di parte dello stipendio nei confronti di coloro che hanno contratto debiti, magari per campare la famiglia in questo momento di crisi, e poi ritardano nell’ onorarli. La Polizia di Stato, ma anche le altre forze dell’ordine, vanno profondamente e urgentemente riformate. Per ottimizzare e anche umanizzare un comparto fondamentale per la vita dei cittadini”.

Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle

LA NOTIZIA PUBBLICATA SUL BLOG DI BEPPE GRILLO
http://www.beppegrillo.it/2016/04/stipendio_di_un.html


Igor Gelarda Dirigente Nazionale Consap
Igor Gelarda
Dirigente Nazionale Consap

Poliziotto = 1 euro al mese, Immigrato = 35 euro al giorno, la Consap denuncia l’incredibile caso di un agente dell’Ispettorato di Palazzo Chigi, Il Giornale d’Italia

Poliziotto = 1 euro al mese, Immigrato = 35 euro al giorno, la Consap denuncia l’incredibile caso di un agente dell’Ispettorato di Palazzo Chigi

Poliziotto = 1 euro al mese, Immigrato = 35 euro al giorno, la Consap denuncia l’incredibile caso di un agente dell’Ispettorato di Palazzo Chigi

( Il Giornale d’Italia). I poliziotti di Alfano costretti a chiedere l’elemosina ai migranti. Potrebbe sembrare un paradosso ma si tratta invece della “cartina al tornasole” di quanta poca considerazione godano le Forze di Polizia del governo Renzi. E la denuncia, l’ennesima e tutte finora inascoltate per il settore, arriva dalla Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia, che rende nota l’incredibile vessazione subita da un poliziotto in forza all’Ispettorato di Pubblica Sicurezza di Palazzo Chigi, a Roma.
La controprova alla quale fa riferimento la Consap, il sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato, è rappresentata da uno statino paga del NoiPa (il sistema che eroga gli stipendi nella Pubblica Amministrazione) che per il mese di aprile ha destinato ad un poliziotto ben… 1 euro di stipendio.
Il tutto per degli errori di contabilizzazione, avendo il poliziotto ricevuto qualcosa in più nei mesi passati; la qualcosa il diretto interessato aveva subito fatto notare, chiedendo poi di poter restituire i soldi un tanto al mese, secondo logica ma anche secondo legge, visto che a nessun lavoratore può essere corrisposta una paga inferiore alla soglia di sopravvivenza. E invece no: per il poliziotto di Alfano-Renzi anche la paga mensile di 1 euro può andar bene.
“Me lo vedo già il malcapitato collega 52enne, che confronta sconsolatamente la sua miserrima busta paga mettendola a confronto i 35 euro al giorno che lo Stato elargisce ad un qualsiasi migrante – denuncia ironicamente Giorgio Innocenzi segretario generale nazionale della Consap – ma purtroppo  in questa circostanza c’è molto poco da ridere, visto che con questo euro il collega dovrà mantenere per un mese la moglie e tre figli, mentre ha già dovuto cancellare il pranzo per la comunione di uno dei suoi bambini previsto per il mese di maggio.  In questo caso poi i vertici della nostra Amministrazione non potranno neanche accampare la solita cantilena “sono cose che succedono, provvederemo” visto che il Ministero dell’Interno era stato informato dallo stesso collega, che aveva chiesto una rielaborazione del debito accumulato per una tardiva comunicazione dei redditi, del possibile verificarsi di questa situazione; ma né lui né la Consap, che con una lettera del 31 marzo aveva sollecitato all’attenzione dell’Ufficio Rapporti Sindacali del Viminale, sono state degnate di attenzione da una macchina burocratica fatta di funzionari lautamente stipendiati che non trovano il tempo neppure per segnalare una situazione grave come questa”.
“I poliziotti per questo Governo e per questo Ministro evidentemente sono un peso: nessun segnale sul fronte del rinnovo del contratto; ci si propone una bozza sulla legge delega per il riordino delle carriere inaccettabile ed ora anche gli stipendi ad un euro; quando nelle passerelle di certi personaggi si blandisce la sicurezza come una priorità del Paese, bisognerebbe anche ricordare che la sicurezza si fa motivando professionalmente chi serve lo Stato con indosso una divisa”, chiosa Giorgio Innocenzi.

Palazzo Chigi, poliziotto con tre figli ​riceve busta paga da 1 euro, denuncia CONSAP

Palazzo Chigi, poliziotto con tre figli riceve busta paga da 1 euro, denuncia CONSAP

Palazzo Chigi, poliziotto con tre figli riceve busta paga da 1 euro, denuncia CONSAP

(Il Giornale): Abbandonato e umiliato dall’amministrazione, percepisce un euro di stipendio nonostante più volte abbia chiesto la rateizzazione di un debito. Per il Consap “al Viminale non hanno a cuore la motivazione professionale dei poliziotti

L’ennesima dimostrazione di incapacità gestionale e di disprezzo per la motivazione professionale dei poliziotti“.

E infatti il Consap, il sindacato di polizia, non sbaglia. Al centro della scandalosa vicenda, un agente “in servizio presso l’Ispettorato di Pubblica Sicurezza Palazzo Chigi“.

Il poliziotto ha chiesto ripetutamente e invano la a rateizzazione di un debito. Ma arrivato a fine mese ha scoperto che la busta paga risultava solo di un euro. A commentare l’elargizione dello stipendio è Giorgio Innocenzi, segretario generale del sindacato: si tratta di “una vicenda che oltre a gettare nello sconforto un collega di oltre 50 anni con tre figli, pone l’accento sulla scarsa considerazione del Ministero dell’Interno nutre verso i suoi lavoratori, schiacciati da una macchina burocratica contro la quale nessuno appare in grado di fare nulla“. Innocenzi fa anche notare che “proprio la Consap a segnalare all’Ufficio Rapporti Sindacali del Ministero dell’Interno la necessità di dilazionare il debito per consentire al collega il minimo necessario per vivere“.

Per questo mancato interessamento del Ministero dell’Interno, come sottolinea segretario generale del sindacato Consap , “il collega è stato costretto a cancellare il pranzo che aveva organizzato per la comunione di uno dei suoi figlioli”. Innocenzi parla (giustamente) di “un’umiliazione che con un po’ di buon senso si sarebbe potuta evitare, ma evidentemente al Viminale non hanno a cuore la motivazione professionale dei poliziotti“.

 

Armi, “idoneità psicofisica per le Forze di Polizia, il parere dell’uomo della strada”, brevi osservazioni del dr. Angelo Vicari

Idoneità psicofisica forze poliziaIn materia di certificato medico di idoneità psicofisica per ottenere licenza di armi, abbiamo voluto sentire l’illustre parere del dr. Angelo Vicari, Dirigente della Polizia di Stato a.r. studioso del diritto di polizia e della disciplina delle armi e articolista per “Rivista di Polizia”, “Armi e Tiro” e per i siti web http://www.earmi.it e http://www.ricercawor.com.

 

Ho accolto con piacere l’invito di Codesta Organizzazione Sindacale ad esprimere un parere, in qualità di “poliziotto”, anche se in quiescenza, sulla necessità di presentare il certificato medico di idoneità psicofisica, per ottenere licenze in materia di armi, anche da parte degli appartenenti alle Forze di polizia, alla stregua dei comuni cittadini.
Comunque, mi permetto di rappresentare le osservazioni che seguono non come “poliziotto”, ma come “uomo della strada”, cioè come soggetto che sperimenta in prima persona l’applicazione pratica di leggi , regolamenti e circolari, la cui opinione, purtroppo, viene presa in considerazione solo in campagna elettorale!….
Infatti, come studioso di diritto di polizia, in particolare della disciplina delle armi, mi sono già espresso sulla necessità ed individuazione di modalità di accertamento tali da permettere che le armi vengano detenute e portate solo da chi, verosimilmente, non possa abusarne; chi abbia voglia di approfondire la tematica può consultare i miei articoli su “Rivista di Polizia”, “Armi e Tiro” e nei siti www.earmi.it e www.ricercawor.com.
Quando all’uomo della strada, forse ancora un po’ troppo suddito, chiediamo se consideri opportuno che un appartenente alle Forze di polizia debba presentare il certificato di idoneità psicofisica per detenere o portare armi come privato cittadino, sono sicuro che risponderà, senza ombra di dubbio, che non è necessario. Alla richiesta del perché, farà osservare che tali soggetti portano quotidianamente armi da guerra per difendere la collettività, quindi è una assurdità richiedere la dimostrazione della loro idoneità anche quando si spogliano dei panni di poliziotti e indossano quelli di privati cittadini.
Dunque, se il semplice “uomo della strada” percepisce questa incongruenza/ assurdità, non si riesce a comprendere per quale motivo il Ministero dell’Interno continui a perseverare su tale obbligo (anche se con promesse di ripensamento!…), con una interpretazione letterale e restrittiva del Decreto del Ministero della Sanità del 1998, dimenticando che viola certamente la legge chi si attiene alla lettera e ne viola lo spirito.
Questa perseveranza fa nascere il sospetto che lo stesso Ministero non sia convinto delle modalità attraverso le quali garantisce il controllo psicofisico dei suoi dipendenti, in particolare nella vita privata.
Poliziotti, quindi, dalla doppia personalità, affidabili in servizio e non affidabili fuori, per cui vi è la necessità, anche per loro, del certificato medico per detenere o portare armi come privati?….
Peraltro, altra incongruenza si riscontra ove consideriamo che il certificato in argomento può essere rilasciato dal Medico della Polizia di Stato, il cui compito principale  è proprio quello di tenere sotto controllo l’idoneità psicofisica del personale.
Di fronte a tali contraddittorietà/incongruenze, l’uomo della strada osserva che, se il Ministero teme di non riuscire a tenere sotto controllo l’idoneità psicofisica dei propri dipendenti, sentendo la necessità di trincerarsi dietro un foglio di carta, come può pretendere di tenere sotto controllo l’idoneità dei privati cittadini detentori di armi?…..
Forse, una risposta a questo interrogativo ci sarà a breve (si fa per dire!..).
Con il prossimo Decreto del Ministero della Salute, di concerto con quello dell’Interno, saranno rivisti i requisiti minimi di idoneità per la detenzione ed il porto di armi, per cui l’uomo della strada potrà, finalmente, dormire sonni tranquilli, pur sapendo che il suo vicino di casa detiene armi e non saluta quando lo incontra!
Certo è che per arrivare a stabilire tali requisiti non è facile e, quindi, ci vogliono studi approfonditi. Lo dimostra la storia dell’ancora vigente Decreto del 1998, previsto dalla legge 89 del 1987, uscito nel 1991 e modificato per ben cinque volte.
Anche per il nuovo, emanando decreto, gli sudi sono approfonditi, considerato che doveva essere emanato entro 180 giorni dal 1 luglio 2011 (data di entrata in vigore del D.L.vo 204/2010) e sono passati solo più di 4 anni !….
Comunque, tale inosservanza dei termini non deve essere considerata negativamente, perché per la Pubblica Amministrazione vale il detto popolare “chi và piano và sano e và lontano, siccome i termini per quest’ultima, a differenza del cittadino, non sono mai “perentori”, ma “ordinatori, anche se stabiliti dalla legge!…..
Quindi, l’uomo della strada stia tranquillo perché il ritardo del Ministero della Salute, con l’indispensabile aiuto di quello dell’Interno, non è dovuto assolutamente a negligenza o dimenticanza, ma alla complessità dello studio della problematica di come far dimostrare al cittadino di dare affidamento di non abusare del vecchio fucile ad avancarica del nonno.
Forse, dunque, è meglio non disturbare i Ministeri interessati alla redazione del nuovo decreto.  In tanto studio corriamo il rischio di confonderli le idee: potrebbero stabilire che occorre anche il certificato di idoneità dello “psichiatra” per l’appartenente alle Forze di polizia e solo quello del “medico di famiglia” per il comune cittadino !…..

Nel frattempo, l’uomo della strada attende, come al solito, fiducioso.

dr. Angelo Vicari

dr. Angelo Vicari, Dirigente della Polizia di Stato a.r.

 

Caso Iacoi. Giorgio Innocenzi, Alfano revochi immediatamente ingiusto provvedimento sospensione! Solidarietà della CONSAP (nota stampa AGENPARL)

Giovanni Iacoi - Solidarietà della CONSAP

Giovanni Iacoi – Solidarietà della CONSAP

(AGENPARL) – Roma, 10 ago 2015 – Il provvedimento di sospensione dal servizio adottato da Ministero dell’Interno nei confronti di Giovanni Iacoi è assolutamente ingiusto ed illegittimo. La Consap scende in campo a fianco del collega ingiustamente perseguitato per aver semplicemente assunto un incarico all’interno di un partito politico. Ancora una volta il Dipartimento della Pubblica Sicurezza dimostra di utilizzare il classico sistema dei due pesi e delle due misure: nei confronti di un noto dirigente superiore, candidatosi con un partito dell’estrema sinistra alle ultime elezioni politiche, non è stato adottato il previsto trasferito fuori Roma, ma addirittura disposta l’assegnazione allo staff di un Vice Capo della Polizia, mentre nei confronti del povero Giovanni Iacoi, reo di aver sbandierato le insegne dell’Esercito di Silvio, è stato immediatamente attivata la procedura per la sospensione dal servizio. Un vero scandalo. Alfano – ha dichiarato il Segretario Generale Nazionale, Giorgio Innocenzi – disponga immediatamente la revoca dell’ingiusto provvedimento prima che la magistratura si pronunci in merito.
Vicinanza e sostegno da parte anche della Segreteria Provinciale di Roma del sindacato di Polizia CONSAP.

Leggi la nota Agenzia di Stampa ripresa da Agenparl
Agenparl

Concorso interno, per titoli di servizio, a 7563 posti per l’accesso al corso di formazione per la nomina di Vice Sovrintendente, ecco la graduatoria con punteggi e posizioni

Graduatoria Concorso Vice Sovrintendente 7563

Graduatoria Concorso Vice Sovrintendente 7563

In allegato il decreto delle graduatorie di merito del concorso interno, per titoli di servizio, a 7563 posti per l’accesso al corso di formazione per la nomina di Vice Sovrintendente che verrà pubblicato sul B.U. n.1/20 del 17 luglio 2015.
Il Ministero dell’Interno rappresenta che in virtù della possibilità di partecipare per più annualità e per entrambe le tipologie di concorso, le graduatorie delle diverse annualità subiranno delle rettifiche in considerazione del fatto che i candidati, risultati vincitori per più tipologie e/o annualità messe a concorso, all’atto dell’accettazione della sede, verranno espunti dalle graduatorie delle annualità successive.

La graduatoria con i punteggi e posizioni

Graduatoria con punteggi e posizioni concorso Vice Sovrintendente a 7563 posti

Graduatoria con punteggi e posizioni concorso Vice Sovrintendente a 7563 posti

 

Nuova convenzione Tim per le Forze di Polizia: esito incontro

Convenzione TIM - Polizia di Stato

Convenzione TIM – Polizia di Stato

Si e’ svolto al Ministero dell’Interno un incontro tra le OO.SS e l’Amministrazione in merito alla scadenza della convenzione Tim. L’Amministrazione ha comunicato che e’ stata stipulata una convenzione con la Tim che appare molto vantaggiosa se paragonata alla precedente e al mercato. La suddetta  convenzione, che sara’ estesa a tutte le forze di Polizia, prevede tra l’altro 20 Giga a 6 euro al mese, fatturazione dettagliata del consumo e il pagamento del canone con rid. L’entrata in vigore è prevista dal primo gennaio 2016. Sarà operata una trattenuta unica sullo statino paga di 0,60 euro per il fondo assistenza. L’adesione alla nuova offerta si potrà fare a partire dal 1° ottobre 2015. Per quanto riguarda, invece, i mancati pagamenti è stato assicurato che per i debiti fino a 200 euro il pagamento dovrà avvenire a fine mese luglio. La Consap ha chiesto la posticipazione ad agosto, per somme superiore e di valutare l’eventualità l’opportunità della rateizzazione.

La circolare con le nuove offerte economiche

Nuova Convenzione TIM - Le offerte economiche

Nuova Convenzione TIM – Le offerte economiche

Prossimi Trasferimenti di Personale Agenti/Assistenti con decorrenza luglio 2015, ecco la circolare telegrafica urgente

Polizia TrasferimentiIl Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale per le Risorse Umane, comunica, con circolare telegrafica urgente, che effettuerà una movimentazione di personale con decorrenza luglio 2015. I dipendenti appartenenti al ruolo Agenti-Assistenti che hanno interesse ad ottenere un movimento, dovranno presentare domanda entro e non oltre il 25 maggio 2015.

Trasferimenti Tabelle Polizia di Stato

La Circolare Telegrafica Urgente
Circolare Telegrafica Urgente Movimenti Luglio 2015