Corso sull’Abuso e Maltrattamento all’Infanzia organizzato dall’Osservatorio Sanità CONSAP, Sala Conferenze Questura di Roma gremita, uno strepitoso successo


Corso sull’Abuso e Maltrattamento all’Infanzia organizzato dall’Osservatorio Sanità CONSAP, Sala Conferenze Questura di Roma gremita, uno strepitoso successo
L’occasione di trattare il tema dell’abuso e del Maltrattamento all’Infanzia è stata data dall’incontro tenutosi il 21 aprile scorso, presso l’Aula Magna della Divisione Personale della Questura di Roma, sita a Roma in via Statilia n. 30, dal titolo Abuso e Maltrattamento all’Infanzia “come accogliere le rivelazioni del bambino”.
Continua il percorso formativo attivato dalla CONSAP con seminari, convegni, focus e momenti di aggregazione finalizzati al miglioramento delle specifiche professionali degli appartenenti alla Polizia di Stato.
La giornata di studio è stata condotta dalla dott.ssa Maria Pagano, psicologa esperta della materia, che ha messo luce sull’importanza della comunicazione verbale e non verbale in un contesto delicato quale l’ascolto del minore vittima di abuso e maltrattamento, con riferimento alle linee guida internazionali dal punto di vista legale e procedurale. Il corso organizzato dalla CONSAP Segreteria Nazionale – Osservatorio Sanità (Presidente dr. Maurizio Bellini) ha riscontrato grande interesse da parte degli iscritti e non, considerato anche il tema purtroppo di grande attualità. Erano presenti i Segretari Nazionali CONSAP Elisabetta Ricchio e Gianni Valeri, il Segretario Generale Aggiunto di Roma Gianluca Guerrisi e il Segretario Provinciale di Roma, Simone Cesario.
L’abuso e il maltrattamento all’infanzia, infatti, è un argomento di cronaca recente che ha riguardato ambiti familiari ed extrafamiliari: non ultimi i fatti di violenze subite dai bimbi delle scuole dell’infanzia, che grande sgomento hanno creato in tutti, tanto da invocare l’introduzione in alcuni casi di impianti di sorveglianza dentro le aule di asili nidi e scuole dell’infanzia.
Gli ambiti che riguardano il maltrattamento è comprensivo di una ampia varietà di comportamenti che riguardano l’abuso fisico e sessuale, il maltrattamento psicologico, la grave e persistente trascuratezza nei confronti del bambino inclusi l’esposizione al freddo, la fame ed il pericolo, la violenza assistita, ovvero quella particolare situazione in cui il bambino assiste a violenze in famiglia di cui, pur non essendone il diretto destinatario, si sente investito e coinvolto.
Non meno gravi sono i casi di violenza istituzionale, in cui bambini in stato di affido o adozione, possono venire collocati in strutture o famiglie non sempre in grado di accoglierli e vengono avviati ad un percorso di successivi collocamenti e affidi che aumentano il senso di instabilità e non consentono di creare legami sicuri. Altro fenomeno di rischio per l’infanzia è il fenomeno del bullismo, che purtroppo ha saputo ben adattarsi alla contemporaneità, infiltrandosi nelle reti dei social attraverso il fenomeno del cyber bullismo.
Particolare allarme comunque riveste l’abuso sessuale definito come il coinvolgimento in attività sessuali della/del bambina/o che non può comprendere e per le quali è fisicamente e psicologicamente impreparato. Comprendono le attività che vanno dallo stupro fino ad abusi senza contatto diretto: tale abuso rappresenta una devastazione per la psiche del minore, che seppur essendo vittima, si convince di meritare l’abuso ed addirittura di causarlo.
Tale fenomeno è particolarmente presente quando è presente una stretta relazione con l’abusante (un familiare o uno “di famiglia”) nei cui riguardi la vittima vive un rapporto di sudditanza psicologica che non consente di ribellarsi o di denunciare l’abuso in quanto la vergogna ed il senso di colpa sono prevalenti e ingabbiano in una relazione da cui si vede una difficile via di uscita.
L’abuso assume un impatto diverso in base alla presenza di alcuni fattori.
Tra questi vi sono alcuni aspetti specifici dell’abuso: se è stato un singolo episodio o ripetuto, la durata e la frequenza, il già citato tipo di relazione con l’abusante, la quantità di forza o minaccia subita, la durata dell’abuso nel corso della vita. Altri fattori sono il livello di supporto offerto dai membri della famiglia in seguito alla scoperta dell’evento, il livello di coesione tra i membri. E’ importante considerare se la vittima di abuso abbia sentito da parte della sua famiglia più sostegno o punizione, la messa discussione dei propri racconti o peggio la stigmatizzazione. Anche il contesto famigliare della vittima rappresenta un fattore: se vi sono maltrattamenti abituali, alcolismo e/o uso di sostanze, violenza familiare ecc.
A volte l’abusante invita la vittima ad osservare un patto del silenzio che è difficile rompere. Le motivazioni che possono portare il bambino abusato a rompere tale patto e rivelare intenzionalmente l’abuso sono l’educazione cosciente, la rabbia, l’opportuna occasione per parlare e l’influenza dei coetanei. Non sempre però il percorso della rivelazione è chiaro e manifesto: senso di vergogna, paura, senso di colpa portano a presentare a volte un racconto in cui è presente la negazione e la ritrattazione. Per chi lavora nell’ambito dell’ascolto dei minori diventa importante mettere a proprio agio il bambino, consentendogli di esprimersi con le sue parole ed utilizzando le parole che usa il bambino, ponendosi fisicamente e verbalmente al suo livello. La naturale tendenza del bambino a compiacere l’adulto, nei casi di rilevazione di abuso e violenza, rischia di portare il minore a fornire le risposte che il bambino pensa siano le più giuste ed apprezzate da parte dell’adulto: ciò è più evidente quando l’adulto riveste un ruolo di autorità o di prestigio (poliziotto, giudice ecc.).
L’adulto che ha il compito di accogliere la rivelazione dell’abuso del minore deve avere la capacità di utilizzare un tono emotivo di accettazione e non giudicante, che sia in grado di porre domande semplici ed aperte, centrate più sui vissuti del minore (quello che ha sentito e provato) piuttosto che sulla conferma di sospetti o sulla messa in discussione dei fatti o del modo di raccontarli del bambino.
Ascoltare e raccogliere il racconto di una violenza subita è una esperienza umana di forte impatto emotivo: senso di vulnerabilità, rabbia e perdita di controllo, sopraffazione dei tempi di reazione (non sapere qual è la cosa giusta da fare nell’immediato) sono manifestazioni di quella che viene definita “traumatizzazione vicaria”, ovvero di quel fenomeno traumatico che investe il soccorritore, subendo in modo secondario ed indiretto lo stesso trauma vissuto dalla vittima.
La risposta emotiva che è connessa a tale fenomeno è legato alle pregresse esperienze personali del soccorritore, alle paure irrisolte e al livello di coinvolgimento.
In tali situazioni uno dei fattori protettivi maggiori è la capacità di costruire resilienza, ovvero la capacità di vivere gli eventi della vita stressanti come parte della vita, la possibilità di vivere ogni crisi come un momento di crescita e la considerazione che non è possibile cambiare un evento già accaduto.
Nessuno di noi vorrebbe sentire delle cose che mai vorremmo sentire raccontate da un bambino, ma è altrettanto vero che ogni bambino ha il diritto ad essere ascoltato da un adulto capace di ascoltarlo.
Si ringraziano per il servizio fotografico Alberto Di Gennaro e Andrea Nemiz.
Dott. Santo Mazzarisi